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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
A Mompracem
Sandokan nel rivedere quell'isola, baluardo della sua potenza e della sua grandezza in quei mari, che non a torto chiamava suoi, sentì che ridiventava la Tigre della Malesia. La profonda ruga che solcava la sua fronte scomparve istantaneamente e la malinconica espressione del suo volto sfumò per dar luogo all'usuale espressione truce, terribile che incuteva rispetto e paura ai suoi medesimi tigrotti. Il suo occhio triste s'illuminò, fiammeggiò e le sue labbra sorrisero col riso beffardo, crudele che somigliava tutto a quello della tigre. Quantunque la distanza fosse ancora notevole, con uno di quegli sguardi che avrebbero sfidato più di un cannocchiale, ispezionò d'un sol tratto la costa che gli si presentava dinanzi e si rese subito conto di ciò che era accaduto durante la sua assenza nell'isola. Il villaggio era ancora in piedi; i terrapieni e le palizzate e le scarpe e controscarpe che costituivano la sua difesa, erano ancora al loro posto accresciute anzi di numero, segno certissimo che nessun incrociatore aveva tentato un assedio o uno sbarco. Solo dei trenta prahos, che di solito sonnecchiavano nella piccola baia, parecchi ne mancavano. Tuttavia i pirati non si preoccuparono di molto, immaginandosi che fossero usciti per corseggiare. Le tenebre, che calavano rapide, posero in breve fine alle loro investigazioni. Il vento era scemato, ma la canoa, quantunque assai lentamente, continuava ad avanzare verso le coste ormai quasi invisibili di Mompracem. Si poteva smarrirsi, stante la mancanza di stelle, coperte da un nero velo di fitti vapori che erravano nell'aria da due giorni ma fortunatamente i lumi e i fuochi accesi nelle capanne vennero in loro soccorso per indicare la via. Unendo i remi alla vela, i due pirati, dopo due ore sani e salvi, e senza aver destato l'allarme, sbarcavano sulla riva a duecento passi dalla rupe tagliata a picco sul mare, sulla cui cima stava come un'aquila l'abitazione della Tigre. Tirata a secco la canoa, che minacciava di venir capovolta dalla risacca, raccolte le armi e tutto ciò che vi era di buono da asportare, si diressero senza far rumore verso la rupe, alla cui base spumeggiava il mare con prolungati muggiti. Sandokan, nel sentirsi sotto i piedi la sua isola, che faceva parte della sua vita, che considerava carne del suo corpo, come il mare faceva parte del suo sangue, respirò, e forse per un momento, per un lampo dimenticò Labuan e forse Marianna. S'inoltrò con passo rapido fino ai piedi della rupe, seguito dal Malese che credeva di essere in preda a un sogno, parendogli ancora impossibile di trovarsi sulla sua cara terra, e guadagnò il primo gradino della tortuosa scala scavata nel vivo sasso che metteva alla cima. - Giro Batoë - diss'egli con qualche emozione volgendosi verso il Malese che erasi arrestato. - Giro Batoë, ora che siamo giunti a Mompracem, torna alla tua capanna. Abbiamo da dire lassù certe cose che devono essere un secreto per gli altri. Va, di' ai tuoi compagni che io sono giunto e nulla di più. - Bene, capitano - disse il Malese, che non era meno commosso di lui. - Voi mi avete strappato da quell'isola dove io soffrivo come fossi sui carboni... Capitano, se vi sarà bisogno di sacrificare qualche uomo... fosse pure per quella che voi dite d'aver lasciato laggiù, pensate a me. - Grazie, Giro Batoë... vattene ora, vattene - e il pirata, ricacciando nel fondo del cuore il ricordo involontariamente evocato dal Malese, salì rapidamente i gradini elevandosi fra le tenebre. Raggiunse la vetta, si mostrò un istante dinanzi alle trincee sfondate in mezzo alle quali facevano sempre capolino avanzi di scheletri umani, guardò con un misto d'orgoglio e di fierezza la bandiera rossa che sventolava sulla cima della capanna, gettò uno sguardo lontano, lontano verso l'oriente in direzione di Labuan, rattenendo per un istante i veloci battiti del cuore, aspirò il vento della notte come aspirasse il profumo di Marianna, e si avvicinò ratto ratto verso la porta della capanna mandando un profondo sospiro. Nell'interno brillava un lume. Passando presso ai vetri d'una fenestra, vide un uomo che stava seduto dinanzi a un tavolo, colla testa fra le mani. Riconobbe a prima vista suo fratello, il Portoghese. Apri pian piano la porta ed entrò senza che Yanez lo udisse. Egli si arrestò: - Ebbene, Yanez, hai dimenticato la Tigre della Malesia? - chiese improvvisamente Sandokan cercando comporre le sue labbra a un sorriso che invece si atteggiarono a una smorfia. La frase non era ancor terminata che il Portoghese rovesciando il tavoliere era saltato in piedi. Indietreggiò gettando un grido di sorpresa e di gioia, si stropicciò gli occhi credendosi in preda a una allucinazione, poi si precipitò fra le braccia di lui che lo strinse al petto come fosse stata la giovinetta. - Tu, Sandokan! Tu, Sandokan! - esclamò egli fuori di sé. - Ah! amico mio, io ti credeva ben perduto. - Perduto? Oibò, Yanez, e tu pensi che la Tigre possa perdersi? - Ma, disgraziato amico, dove sei stato che non abbiamo ricevuto più tue nuove? Ah! Credi tu adunque, che non vedendoti più tornare, e non trovandoti né alle Romades, né a Labuan, né alle Tre Isole, né alle coste del Borneo, non ti abbia creduto morto? Parla, spicciati, fratellino mio. Che hai fatto in tanti giorni mentr'io ho avuto la debolezza di piangerti? Dove sono i tuoi prodi? Che può mai esserti accaduto che per un sì lungo tempo sei scomparso? Hai forse saccheggiato qualche reame di Borneo, o la Perla di Labuan ti ha stregato? Spicciati, fratellino mio: di' su qualche cosa. Invece di rispondere a tutte quelle domande, che non parevano finir più, Sandokan si mise a guardarlo cogli occhi torvi e il volto abbuiato. Egli incrociò le braccia e si avvicinò all'armonium quasi gli saltasse l'idea di mettersi a suonare. Il Portoghese con un salto gli si pose dinanzi risoluto a impedirlo. - Orsù - disse Yanez un po' contrariato da quel silenzio. - Parla, che significa quel vestito da soldato che ti dà l'aria di una giacca rossa bell'e buona e quel volto truce? Ti è accaduta disgrazia? - Disgrazia! - esclamò Sandokan con voce rauca. - Ma ignori adunque che dei miei uomini non rimane che il malese Giro Batoë? Ignori adunque che tutti sono caduti pugnando sulle coste di Labuan, dove io non sono sfuggito che per un miracolo di sovrumana energia. Senti, Yanez, ho una palla nel corpo, una palla delle giacche rosse, e ho del fuoco che serpeggia nelle vene, e che sale fino al cervello, sino al punto di farmi quasi impazzire! - Battuto! Tu... la Tigre della Malesia! È impossibile! È impossibile! Tu vuoi burlarmi Sandokan. - Sì, Yanez, sì, mi hanno battuto, mi hanno vinto e per di più la Tigre fu ferita! Buon per loro, che la ferita che vomitava sangue l'hanno curata colle loro mani, ma in cambio di ciò, m'hanno stregato. Capisci, Yanez? Il mio equipaggio fu sterminato, e io, io sono stregato!... Il pirata fece scorrere con gesto convulso una seggiola accanto a quella poco prima occupata dal Portoghese, e dopo di aver vuotato l'un dietro l'altro parecchi bicchieri ripieni di wisky come cercasse calmare l'ira che l'assaliva, terribile ira che spesso cangiava in un tremendo delirio, con voce rotta o animata, rauca o sibilante, stridula o ruggente, alternando gesti violenti e imprecazioni, raccontò filo per filo l'assalto del prahos mercantile, il combattimento col piroscafo, l'abbordaggio nel momento che il proprio legno affondava, la ferita, le sofferenze, e la guarigione. Ma quando venne a parlare della Perla di Labuan, tutta la sua ira, con gran sorpresa del Portoghese, sfumò. La sua voce, poco prima rauca e quasi ruggente, prese allora un altro tono diventando dolce, accarezzevole, appassionata. Decantò con slancio poetico le bellezze della lady, parlò di quegli occhi grandi, dolci, melanconici, azzurri come l'acqua del mare e che lo aveano commosso, parlò di quei capelli lunghi, più biondi dell'oro, più fini della seta, più profumati dei fiori, parlò di quella voce incomparabile, angelica, che aveva trovato un eco delizioso nella profondità del suo cuore scuotendone le fibre d'acciaio e di quelle mani che sapevano trar dalla mandola quei suoni sì dolci, che lo avevano affascinato, che lo avevano incantato. Dipinse colla viva passione di un'anima che ama alla follia, quei cari momenti passati assieme a lei, quei cari momenti durante i quali dimenticava e la sconfitta, e la vendetta, e i suoi pirati e la sua temuta Mompracem, quelle delizie che non aveva mai provato in tanti anni di pugne, e delle quali conservava ancora sì cara memoria. Così narrò la caccia alla tigre, la confessione del suo amore, per poi scendere fino all'inseguimento nelle foreste, allo stratagemma col sergente Willis, all'incontro di Giro Batoë e infine all'abbandono di Labuan. - Vedi, Yanez - diss'egli con accento ancora commosso, - nel momento che io mettevo piede nella canoa, mi parve che si staccasse un lembo del mio cuore. Fu un momento terribile, un momento supremo quell'istante in cui abbandonava quell'isola dove viveva la mia amata Marianna: avrei voluto subissare la canoa e Giro Batoë, avrei voluto far rientrare il mare nel seno della terra perché non lo valicassi più mai e far sorgere in sua vece un mare di fuoco! In quel momento avrei voluto far saltare Mompracem e tutti i suoi tigrotti, perché non m'attirassero più mai, e avrei voluto non essere mai stato la Tigre della Malesia!... - Ah! Sandokan! - esclamò Yanez con tono di rimprovero. - Non rimproverarmi, Yanez, non rimproverarmi. Se tu sapessi cosa io provo qua entro, nel cuore, in questo cuore che io credeva essere di ferro, che io credeva inaccessibile a qualsiasi passione! Guarda, Yanez, sono sì innamorato di quella Perla che se io me la vedessi dinanzi, che se io udissi da quelle labbra sulle quali ho posate le mie, che tradissi i miei compagni, mi sentirei capace di tradirli!... Se quella voce che m'inebbriò sin dalla prima volta che l'udii, mi chiedesse di far fuoco a Mompracem lo farei, se mi chiedesse di farmi Inglese, io, la Tigre della Malesia... sì, sì Yanez, lo sento che lo farei!... "Ho sempre il fuoco nelle vene che mi flagella e che mi pare consumi a poco a poco le mie carni, e sento che l'amerò oggi, domani, sempre, perché l'ho trovata divina, perché mi ha inebbriato, perché ha avuto il coraggio di amare la Tigre della Malesia. Dal giorno che l'ho veduta, Yanez, dal giorno che mi fe' gustare l'ebbrezza dell'amore mi sono sentito cangiare. Mi pare di avere sempre il delirio, mi pare che tutti i ricordi della mia vita terribile si cancellino, mi pare che un nuovo orizzonte mi si schiuda dinanzi. Sono stregato, sono ammaliato, Yanez, sono innamorato alla follia. Ovunque volga lo sguardo non vedo che Marianna aggirarsi raggiante a me d'intorno, che m'accompagna ne' miei sogni, ne' miei pensieri, ovunque vedo quel genio scintillante di bellezza che mi affascina, che mi abbrucia!... Il pirata si alzò con gesto brusco e il volto alterato e i pugni stretti. Fece due o tre giri attorno alla stanza come cercasse allontanare quel fantasma divino, e calmare le ansie che lo divoravano, poi ritornando presso il Portoghese sempre immobile, ma che lo guardava fra il compassionevole e il collerico, disse: - Ascolta, Yanez, tu non lo crederai, eppure l'amore di quella fanciulla la cui bellezza mi rende pazzo, è radicato fortemente nel mio cuore come il sentimento della mia vita, che nessuno al mondo varrebbe a strapparlo. Credi tu che prima di lasciarmi vincere non abbia lottato? Oh! Io ho atrocemente lottato, ma non valsero le mie ire per quella figlia che scende dalle giacche rosse, né la ferrea volontà della Tigre che è caduta sotto la potenza di quello sguardo magnetico. Quante volte, quando i ricordi della mia vita sanguinaria mi assalirono, ho tentato di spezzare la catena. Quante volte, quando al pensiero di dover forse abbandonare il mare, il mio sangue, ho tentato di spezzarlo, e quante volte infine, pensando che per averla avrei pur dovuto spegnere la Tigre della Malesia, perdere quel nome a me tanto caro, quel nome di cui vo così altero, ho cercato di fuggire, e sempre invano. Mi sono trovato fra due abissi: là Mompracem coi suoi pirati, sfavillante fra il balenar dei cannoni e galleggiante in un mar di sangue, e qui lei; mi son trovato fra due abissi sui quali mi sono librato per un istante esitando. Sono precipitato nel secondo, dal quale nessuna forza umana sarebbe capace di trarmi. Sono di lei! La Tigre morrà!... "Se volessi svellere questa fiamma che m'arde non lo saprei fare, non lo potrei. Invano cercherei di cacciare quel genio, quel fantasma dei miei sogni. Invano cercherei rompere quel fascino che mi incatena. Né le battaglie, né le emozioni di una vita agitata, né l'amore dei miei uomini, né fiumi di sangue, né monti di cadaveri, sarebbero capaci d'infrangerlo. Un'ombra, un'immagine si frapporrebbe fra me e queste battaglie, fra me e queste grandi emozioni, e spegnerebbe l'antica energia della Tigre, e questa ombra e questa immagine sarebbe ancora lei. No!... No!... Yanez, non potrei dimenticarla e se pur lo volessi avrei paura. No! Non lo farei dovesse costarmi e il mio nome, e la mia isola e la mia gloria!... Il pirata dopo aver dato libero sfogo alla passione, si era arrestato per la seconda volta. Egli s'avvicinò al Portoghese che pareva ascoltasse ancora e gli disse con voce rotta: - Yanez!... Trovi tu, che la Tigre della Malesia amando si sia disonorata?... Credi tu che io, perché la follia mi prese, non sia più degno di te?... Yanez!... Yanez!... Il Portoghese per tutta risposta gli si gettò fra le braccia. Sandokan se lo strinse al petto con frenesia. - Che dici mai, Sandokan? Qualunque cosa avvenga io ti sarò sempre amico, ti seguirò ove tu andrai anche sino in capo al mondo e troverò sempre che tu sarai degno di me. Tu sei stato stregato, amico mio, tu oggi sei innamorato, ma domani ho la sicurezza che non vi penserai più e che sarai guarito, che ritornerai a essere la Tigre della Malesia dal cuore inaccessibile. - Ah! Non ripetermi queste parole, Yanez. Ho giurato che Marianna Guillonk sarà mia e lo sarà! Il Portoghese lo guardò più commosso che incollerito. - Odimi, Sandokan. Io credo che tu ami questa fanciulla che chiami divina, ma hai tu pensato seriamente alle conseguenze che potrebbero derivare da questo tuo amore? Che diranno i pirati della Tigre della Malesia, quando la vedranno correre sulle traccie di una fanciulla?... - Che si dirà?... - Sì, che si dirà di quest'uomo che vantava avere un cuore di granito? - Si dirà che anche un pirata ha un cuore per amare, come hanno amato i gran guerrieri dell'antichità. Si dirà, per chi non vorrà credere che io realmente sono innamorato, che le giacche rosse mi hanno stregato perché mi temevano. - Ah! Sandokan, mi sembra ancora impossibile che tu abbia potuto amare una figlia inglese. - No! - esclamò il pirata con violenza. - No, figlia inglese, no! Essa mi ha parlato di un mare azzurro più bello del nostro mare malese, che lambe i piedi della sua patria, di una terra che è coperta di fiori e che è dominata da un fumante vulcano, di un eden che non è l'Inghilterra, dove si parla una lingua armoniosa che nulla ha di comune con quella inglese. - Ti credo, Sandokan, ma sei sicuro che suo zio acconsentirà a cedertela? Guardati bene attorno: avrei paura che le giacche rosse approfittassero di questo amore per tenderti un agguato; tu lo sai che sono anelanti di vedere il tuo sangue. - E che? Crederesti tu, Yanez, che io abbia bisogno del consenso del lord per farla mia? Crederesti tu che io avessi paura di loro? Non sono ancora un pirata di Mompracem? Non sono ancora la Tigre della Malesia che comanda la terribile orda dei tigrotti? Non ho dei prahos per varcare il mare e approdare a Labuan? Non ho cannoni per far saltare gl'incrociatori e spezzare i più insormontabili ostacoli? Sì, Yanez, la rapirò e senza il permesso del lord! - E quando l'avrai rapita, che ne farai? La faccia di Sandokan s'abbuiò. - Quando l'avrò rapita - diss'egli, - farò ciò che lei vorrà. Sarà il momento in cui si decideranno per sempre le sorti di Mompracem. - E tu vuoi proprio tornare a Labuan? - Sì, e a rapirla in pieno giorno e più presto di quello che tu creda. Laggiù ho un rivale, Yanez: il baronetto William. - Chi è quest'uomo? - Un maledetto che vorrebbe disputarmi la mano della lady, un maledetto che ho la certezza che non indietreggerà dinanzi a qualsiasi ostacolo pur di farla sua, un maledetto infine che potrebbe rapirmela. "Tu lo vedi, Yanez, bisogna che io mi rechi a Labuan per impedire che questo rapimento possa accadere. - E se questo William te la portasse via? - Non dirlo, Yanez. Rapirmela sarebbe uccidermi. - Ma sei sicuro che questa fanciulla ti seguirà a Mompracem? Se si rifiutasse? - Non supporlo un solo istante, Yanez; essa mi seguirà. Me lo ha giurato quando mi amava sotto il nome di Whu-Pulau ed è tornata a giurarmelo quando mi amò sotto il mio vero nome di Sandokan. E poi, chi dice che io l'abbia a trarre a Mompracem? Se lei vorrà lascierò per sempre il mio nido, dove a onta di una carriera sanguinosa, passai momenti felici, e la condurrò lontana, lontana, dove vorrà, forse nella sua lontana patria, che ancora rimpiange. Tra i due pirati successe un breve silenzio, durante il quale si guardarono l'un l'altro fissamente. - E tu vorresti proprio arrischiarti ancora sulle coste di Labuan, dove fosti battuto? - chiese Yanez. - Sì. - Ma sai, Sandokan, che quei luoghi ci portarono sempre sfortuna, e che gl'Inglesi oggi sono più forti che mai? Sai che oggi non siamo più noi che dettiamo le leggi e che essi minacciano Mompracem e che aspettano il momento opportuno per distruggerci? La Tigre della Malesia si mise a sogghignare, ma con quel sogghigno suo particolare che metteva i brividi. - Yanez - diss'egli con fierezza. - Quando si tratta di far valere i miei diritti di pirata sono sempre la Tigre della Malesia che fa tremare i forti e che sgomenta gl'intrepidi. Quando si tratta di far conoscere la mia audacia, saprò condurre ancora i miei tigrotti alla vittoria, malgrado gl'incrociatori e le fortezze. Oggi non è solo il mio diritto e la mia audacia che mi spingono a Labuan: vi ha una fanciulla che io amo alla pazzia. Quando sarà venuto l'istante di agire mi vedrai all'opera. Là, dove vedrai brillare la lama della mia scimitarra e il mio kriss troverai cadaveri; quando udrai la mia voce, troverai il nemico disfatto. Giammai mi sono sentito tanto forte come oggi. - Bene, vuoi farla tua? Sia. Non parliamone più; quando si tratterà di partire, si partirà: una cosa sola ora ti chiedo e sarà l'ultima che ti chiederà il tuo amico, il tuo fratello d'armi, poi farai ciò che ti parrà. - Parla, Yanez - rispose Sandokan, ma che già si preparava a rifiutare. - Quando credi che si prenderà il largo? Tu devi aver già destinato il giorno. - Vi ha di più, ho destinato l'ora, se ti piace. Devo trovarmi all'appuntamento la mezzanotte del 6 maggio. - Ah! Un appuntamento, di già? - esclamò il Portoghese corrugando la fronte. - Sì, e al quale non mancherò, dovessi sfidare tutti gl'Inglesi di Labuan! - Allora tu partirai il dì innanzi. Bene, bada a me, parti dieci giorni dopo. - Dieci giorni dopo! Sei pazzo, Yanez? Non sai adunque che io pavento quel rivale fino a che sono qui? - Lo so, Sandokan, ed è bene per lasciargli tempo di compiere il suo progetto se ne ha qualcuno di ardito, o almeno a far credere a lei che ti hanno ammazzato o annegato durante la fuga, togliendole ogni speranza di rivederti. Credi a me, sarebbe il meglio che potesse toccarti, e sarebbe meglio per noi. - Lasciarmela rapire?... Farla piangere... soffrire... farle spargere delle lagrime! Mai, Yanez, mai! - gridò il pirata fuori di sé. - E sei tu che me lo dici, tu, quello che io chiamava mio fratello? Dimmi, quale scopo avevi per parlarmi in tal guisa? - Quello di salvare Mompracem! - rispose gravemente il Portoghese. Il pirata si nascose il volto fra le mani e mandò un sordo gemito, che pareva un ruggito. Il Portoghese ebbe pietà di lui. Capì sino a qual punto fosse innamorato quel terribile uomo. - Povero amico, sei adunque atrocemente ferito? - gli domandò egli, cangiando tono. - Sì, sono ferito... atrocemente ferito! Vedi, m'hai cagionato tanto male, che un pugnale nel cuore me ne avrebbe fatto meno. Sandokan si diresse bruscamente verso la porta, che aprì furiosamente. - Dove vai? - gli domandò il Portoghese arrestandolo con ambe le mani. - Ritorno a Labuan - rispose con voce rauca il pirata. Domani dirai ai miei uomini che gl'Inglesi mi hanno ucciso. Non udranno più mai parlar di me, e tu sarai la nuova Tigre... io ritorno da lei! - Sandokan! - esclamò Yanez circondandolo con ambe le braccia e traendolo verso di sé. - Sei pazzo tu per ritornare a Labuan, solo, con simil volto, laggiù, dove ti daranno la caccia come una belva feroce, dove non avrai un amico che ti difenda, quando a Mompracem vi sono cento e più uomini pronti a seguirti in capo al mondo? Rimani, Sandokan, lo voglio. Voglio che tu ritorni l'antica Tigre della Malesia pur amando. I due pirati si precipitarono l'un nelle braccia dell'altro e rimasero così, stretti. Un fischio prolungato, un fischio d'allarme li separò bruscamente. Entrambi lo riconobbero. - Giro Batoë! - esclamò Sandokan, slanciandosi verso la porta sospettando qualche cosa d'insolito. - Giro Batoë! - ripeté il Portoghese, che aggrottò la fronte, seguendolo frettolosamente. La notte era egualmente oscura come poche ore innanzi, ma con tutto ciò i due pirati scorsero il Malese che saliva come una scimia facendo i gradini a quattro a quattro. In pochi istanti giunse fino alla piattaforma. - Siete voi capitano? - domandò egli avanzandosi frettolosamente. - Sì, e che vuoi, Giro Batoë? Che significa la tua presenza a un'ora così tarda e in un luogo ove non hai nulla da fare? - domandò Sandokan con voce collerica. - Spicciati: se sei venuto per parlare, parla, se non hai nulla di serio ritorna alla tua capanna prima che mi venga l'idea di gettarti dalla rupe. - Sarò breve. I prahos sono giunti ora - disse Giro Batoë. - Bene, e poi? - domandò il Portoghese. - Se era per venire a dirci questo, potevi andartene a dormire. - Non è tutto. Hanno portato delle notizie inquietanti. A quanto udii un incrociatore si è fatto vedere al sud dell'isola. Pare che sia venuto da Labuan, e che abbia idea di mostrarsi dinanzi al villaggio. - Ah! - esclamò Sandokan. - Credono adunque le giacche rosse, che noi siamo ancora in mare? Se sono venuti per questo, possono tornare a Labuan. Che hanno detto i nostri uomini? - In fede mia, capitano, non si inquietano tanto e si sono accontentati di porre alcuni buoni artiglieri dietro i terrapieni del sud. Hanno creduto bene di lasciar dormire il capitano Yanez. - Si ignora adunque che sono ritornato da Labuan? - Perfettamente, Tigre della Malesia. Non mi avrebbero creduto, e poi l'effetto sarà più grandioso e più inaspettato quando comparirete in persona. Credete che abbia fatto male? - No, mio bravo Giro Batoë. Va a dir loro di raddoppiare le sentinelle e di caricare i cannoni. No, rimani, che voglio preparare io una graziosa burla al piroscafo quando navigherà in queste acque. - Che hai in capo di fare? - domandò il Portoghese. - Lo vedrai, Yanez. Aspettiamo il suo arrivo; sono sicuro che non tarderà a presentarsi dinanzi al villaggio. I tre pirati si accomodarono all'aperto, sedendosi sulle trincee sfondate accanto agli scheletri, cogli occhi rivolti al sud, l'uno accarezzandosi il mento come uomo che ha trovato ciò che cercava, e gli altri due curiosi di veder ciò che doveva accadere. Passò un'ora senza che il piroscafo segnalato si mostrasse all'orizzonte, e durante la quale nessuno dei tre disse parola. Si credeva già che avesse preso il largo, quando all'alba furono veduti i suoi fanali ancora accesi che brillavano nella semi-oscurità. Veniva dal sud, navigando a un duecento passi dalla costa e avanzandosi a piccolo vapore. Si sarebbe detto che con una insolente bravata volesse sfidare i pirati di Mompracem. - Eccolo - disse il Portoghese. - La canaglia si crede di essere ben forte per passare sotto costa. - Meglio così: avrà agio di vedermi senza l'aiuto di cannocchiali - rispose Sandokan. - Ohe! Giro Batoë, accendi un fuoco presso di me, bisogna che mi scorga bene, che gli mostri che la Tigre della Malesia è ancora viva. Il Malese non se lo fece ripetere. In pochi istanti accese un gigantesco falò capace di essere veduto a venti miglia in mare. - Bene - disse Sandokan. - Ora scendi al villaggio e dìai miei tigrotti di imboscarsi dietro le batterie. Quando alzerò la mia bandiera che facciano ruggire i cannoni. Il piroscafo continuò ad avanzare attirato da quel chiarore insolito passando dinanzi al villaggio a piccolo vapore e a meno di quaranta passi dalla costa. Quando giunse dinanzi alla gran rupe, Sandokan uscendo dall'ombra comparve improvvisamente accanto al fuoco: egli si arrestò sull'estremo ciglione colle braccia tese verso di lui e l'occhio fisso su di un uomo che si teneva in piedi sul ponte di comando. - William! William! - esclamò egli con iscoppio furioso. - La Tigre! - esclamò quell'uomo che non era altro che il baronetto William. - Guardami in volto! Guardami! - urlò la Tigre della Malesia avvicinandosi ancor più all'abisso sotto il quale rimuggiva il mare con fracasso. - Sono vivo! Vi rispose una tremenda bestemmia seguita da una scarica di fucili. - Arrivederci a Labuan! - disse Sandokan ghignando. - Ci ritroveremo, maledetto da Dio e quel dì berrò il tuo sangue! Si vedevano allora un centinaio di ombre agitarsi sulle batterie del villaggio. Sandokan afferrò la rossa sua bandiera e la levò mostrandola al piroscafo, il quale cercava di virare di bordo per accostarsi alla spiaggia. Un primo colpo di cannone tenne dietro a quel comando, poi dieci, venti, cinquanta: le trincee, i terrapieni, le lunette, i fossati, i prahos in un baleno s'empirono di fumo ruggendo. Una tremenda grandinata di ferro piovette sul piroscafo demattandolo e rasandolo come un pontone, costringendolo a prendere il largo a tutto vapore, mentre che i pirati correndo sulla costa gridavano ad una voce: - Viva Mompracem! Viva la Tigre della Malesia! Il caporale inglese La nuova che Sandokan era ritornato, si era sparsa colla rapidità del lampo in tutta l'isola. Il piroscafo non era ancora scomparso che una folla delirante, composta dei più vecchi campioni della pirateria, era di già salita sulla rupe a felicitare il gran capo del suo ritorno. Era tanta la gioia che animava quei tigrotti, che pareva proprio che volessero soffocarlo fra gli abbracci. Sandokan si sentiva suo malgrado commosso di quelle prove di simpatia dei suoi uomini, e seppellendo per un istante l'abisso che lo separava da loro nella sua qualità di gran capo, abbracciava e lasciavasi abbracciare da tutti. Era un delirio d'ambe le parti. Non si parlò né dei morti, né della sconfitta, non si udì il più piccolo lamento uscire dalle labbra di quegli uomini abituati a ogni sorta di pericoli e di dolori quantunque più di uno avesse perduto l'amico, il fratello e persino il figlio. Quegli uomini o meglio quei tigrotti si sarebbero vergognati di spargere una lagrima dinanzi alla Tigre della Malesia, che era il loro dio. Non si parlò nemmeno di vendetta, ben sapendo che la terribile Tigre non avrebbe lasciato impunita una tal sanguinosa rotta. - Amici! - disse Sandokan, dopo di aver ascoltato le loro felicitazioni. - Amici! Gli è pur vero che un leone che aveva denti cento volte più numerosi di noi, che aveva artigli cento volte più lunghi, che ruggiva assai di più, ha fatto mordere la polvere alla Tigre della Malesia; ma non abbiate timore, che verrà il tempo in cui gli si darà alla sua volta il colpo di grazia. Voi l'avete veduto il brigante venir a fumare insolentemente fin sotto le temute nostre coste, credendo che la Tigre fosse morta, ma voi lo avete pur veduto fremere e tremare, quando mi scorse lassù sulla mia roccia, accanto alla mia bandiera più vivo di prima e assetato di vendetta! "No, tigrotti, no, gli eroi che caddero pugnando sotto la coste dell'isola maledetta non rimarranno invendicati, ve lo giuro. Andremo ancora su quella terra esecrata, e colà renderemo pur noi ruggito per ruggito, ferro per ferro, sangue per sangue. Quel giorno tigri e leoni lotteranno fino all'ultimo sangue e i tigrotti di Mompracem divoreranno i leoncini di Labuan!... Quelle parole, pronunciate con quell'accento feroce col quale le sapeva pronunciare la Tigre della Malesia, furono affascinanti: i capi della pirateria si sentirono correre per le ossa un fremito di terribile entusiasmo. Ogni braccio alzò un'arma e un solo grido irruppe tremendo da tutti i petti: - Sangue! Sangue! Sangue!... - E sangue sia! - rispose Sandokan. L'adunanza ad un suo cenno si sciolse. I pirati scesero alla spiaggia urlando sempre con quanta voce avevano in corpo. Sandokan stette lì a guardare i suoi tigrotti che parevano impazziti. Crollò ripetutamente il capo con gesto ripieno di disperante tristezza e si volse verso Yanez col volto tetro. - Ho ancora la voce della Tigre della Malesia, ma sento di non averne più il cuore - mormorò egli cupamente. - Sandokan - disse il Portoghese posando le sue mani sulle di lui spalle, - quando saremo a Labuan avrai anche il cuore dell'antica Tigre della Malesia. - Sì, allora... e poi? - domandò il pirata, guardandolo in volto. - Poi, sarà ciò che Dio vorrà. Vattene a dormire, tu sei ammalato. - Lo so, Yanez, ma ancora per poco. Guarirò! Il pirata che si sentiva affranto per le sofferenze fisiche e morali rientrò nella capanna, dopo di aver lanciato uno sguardo di fuoco verso l'oriente. Il Portoghese invece discese la scala avviandosi alla spiaggia, coll'intenzione senza dubbio di intraprendere qualche cosa di serio. La Tigre della Malesia, dopo di aver sorseggiato qualche tazza di the che usava come fosse un Chinese di Canton, si sedette dinanzi al tavolo più cupo che mai. Con mano nervosa fece saltare i tappi di una mezza dozzina di bottiglie di wisky, la sua bevanda prediletta e che usava senza parsimonia. Si mise a bere con una specie di rabbia, vuotando un dopo l'altro parecchi bicchieri quasi avesse l'intenzione di soffocare la gelosia che lo rodeva e i timori che l'agitavano. Si arrestò al sesto bicchiere. - Ah! - esclamò con voce sempre più sorda. - Potessi addormentarmi e non risvegliarmi che il dì della partenza. Questo amore mi rode atrocemente; questa impazienza mi uccide!... Si mise a camminare per la stanza calpestando i tappeti, rovesciando le bottiglie e infrangendo i cristalli ammucchiati negli angoli, poi andò fermarsi dinanzi all'armonium che aprì. - Darei mezzo del mio sangue per poter cantar pur io una di quelle care canzoni che lei cantava quando languiva vinto e ferito sul letto del dolore. E non è possibile, non mi rammento più nulla. Era una lingua straniera, e quando la udiva mi sembrava di essere ebbro... ah! come eri bella allora, come eri divina Marianna!... Fece scorrere le sue dita sulla tastiera e si mise a suonare cercando rammentarsi qualche nota che non gli fosse del tutto sfuggita, arrestandosi per cercarne qualche altra che non trovava più e tentando ma invano di imitare la voce della napoletana. Dalle note flebili e dolci allora balzò improvvisamente a quelle sorde, cui voleva improntare d'ironia e di sogghigni, poi si mise a suonare rapidamente ciò che gli saltava in capo, quasi volesse stordirsi. Toccò tre o quattro di quelle romanze selvaggie, tutte sue proprie, poi s'arrestò come se un nuovo pensiero l'avesse colpito. Ritornò al tavoliere colla testa in fiamme e afferrando con mano convulsa un bicchiere lo empì sino all'orlo. Egli guardò attentamente in fondo della tazza. - Ah! Vedo gli occhi di lei nel fondo della tazza! - esclamò ridendo d'un riso insensato. La vuotò, la empì e tornò a vuotarla, guardandone sempre il fondo come lo attirasse. - Ah! Ah! - continuò il pirata che perdeva a poco a poco le facoltà mentali sotto l'ubbriachezza che s'impadroniva di lui. - Ah! Ah! Vedo tutto rosso, tutto sangue!... Avanti, fantasmi, avanti, venite a sedere di fronte a me, là, bevete, bevete... il liquore arde ma addormenta, il mondo sembra un sogno dorato, sì, tutto un sogno dorato... bevete, bevete che le giacche rosse dormono anch'esse, bevete, bevete che dorme anche la Perla!... Il pirata continuò a bere senza più numerare i bicchieri, ingollando il wisky come fosse semplice acqua, abbandonandosi a una terribile ebbrezza che diventava per lui un sollievo, alternando alle parole insensati scrosci di risa. - Marianna! - gridava egli alzando le braccia come cercasse di afferrarla e tentando di abbandonare la seggiola. - Marianna, aspetta ancora, che i miei pirati abbiano bevuto sangue, poi verrò da te. Aspetta che le polveri bagnate dal wisky sieno asciutte, che le scimitarre sieno lucenti, e poi ti raggiungerò a dispetto del lord, poi sarò tuo come tu sarai mia... Sì, sì, io verrò a Labuan che dovrà fremere al mio avvicinarsi e accompagnato dal corteo dei fantasmi che chiedono vendetta, che chiedono sangue... Io sono forte, sono l'aquila di Mompracem, il dio dei miei pirati... aspetta ancora, io vengo. Sandokan cercò rizzarsi poi si mise a ridere d'un riso stupido e continuò a bere. - Verrò dove tu vorrai, amor mio - continuò egli, - laggiù, in un'isola deserta, in un eden, lontano da questi mari che potrebbero attirarmi, lontano da questi fantasmi che assordano le mie orecchie giorno e notte, lontano dai miei uomini che potrebbero tradirti, che potrebbero ucciderti, avvelenarti, perché io rimanga sempre la terribile Tigre della Malesia! "Guarda... guarda, Marianna, io ti porterò meco, partiremo soli, di notte... sì di notte oscura perché non abbiano a farti paura e non abbiano a separarci. Andremo a trovar le gioie nell'isola che ti ho promesso, e il Portoghese... capisci, il mio fratello, verrà con noi, ci difenderà!... Su, su, bevete anime perdute, bevete con me che le giacche rosse dormono ancora. Ah! Ah! Ah!... Sturò una seconda bottiglia e si versò da bere girando attorno uno sguardo inebetito. Gli sembrò vedere delle ombre volare dinanzi agli occhi che ghignando folleggiassero mostrando kriss, scuri e scimitarre insanguinate. In una di esse, che sogghignava più di tutte credette di scorgere il baronetto William. Si sentì preso da un impeto di collera e tremò tutto digrignando i denti. Egli agitò le braccia come volesse afferrarlo. - Ti vedo... sì, ti vedo, odo i tuoi sogghigni, maledetta giacca rossa, ma se posso afferrarti guai, guai a te. La Tigre della Malesia succerà il tuo cervello. Tu vuoi rubarmela, lo vedo nei tuoi occhi nei quali leggo come su un libro aperto; tu ridi perché hai il lord, lo stupido che ha curato il pirata, l'insensato che mi ha lasciato fuggire! Ah! Ah! Non riderai troppo, mi vedrai tra breve illuminato dalle fiamme degli incendi, in mezzo alle fiamme come mi hai veduto ancora, quando passavi... non mi ricordo più dove... ma mi hai veduto! Se hai sete vieni a bere nella mia tazza che non contiene ora veleno. Vieni a bere anche tu come hanno bevuto i fantasmi!... Il pirata alzò la tazza come per presentarla all'ombra, poi la lasciò cadere spezzandola. Tornò a ridere. - Non si vuol che beva? Chi è che non lo vuole? Ah! siete voi, tutti i miei uomini! Vedi, Marianna, non vogliono che io ti ami perché hai del sangue... del sangue inglese. Sì, deve essere così, non vogliono che ami! Ah! Ah! Ma ti farò mia lo stesso, poi farò ciò che tu vorrai, sì io li tradirò... saranno puniti, Mompracem cadrà, e Labuan... oh! Cadrà pure, cadrà!... Egli era giunto allora al colmo dell'ebbrezza. Si sentì prendere da una smania di distruggere e rovesciò il tavolino mandando sottosopra e bottiglie e tazze che si infransero con fracasso. Dopo reiterati sforzi poté rizzarsi e si mise a camminare per la stanza barcollando, aggrappandosi alle mobiglie. - Vi vedo tutti, sì, vi vedo, ma aspettate che ora giungerà la Tigre!... Silenzio schifosi cani. Chi dice che io non sia la Tigre? Il delirio, il tremendo delirio che l'assaliva nei momenti di furore e d'ebbrezza lo prese. Sostenendosi a malapena, appoggiandosi ai muri, rovesciando il vasellame e spezzando le vetraglie e urlando come un pazzo s'impossessò di una scimitarra. La guardò per alcuni istanti con feroce gioia, lasciò sfuggire dalle labbra un gran scroscio di risa selvaggie e si mise a menare colpi disperati correndo dietro ai fantasmi che parevagli vederseli folleggiar d'intorno, lacerando le tappezzerie, avventando tremendi colpi sugli scaffali, sulle tavole, sulle casse, sull'armonium, brancolando, incespicando, ridendo, bestemmiando e ruggendo come una belva feroce. Guai a colui che in quei momenti gli si fosse presentato dinanzi. Il Portoghese stesso non sarebbe stato risparmiato dalla scimitarra del delirante. Urlò per mezz'ora, combattendo come un dannato come se si trattasse di dover sbaragliare un intero esercito, facendo piovere dai vetri infranti degli scaffali torrenti d'oro, d'argento e di perle, poi le forze gli vennero improvvisamente meno e cadde in mezzo ai rottami addormentandosi profondamente. Dormì tre o quattro ore e quando si svegliò trovossi coricato sull'ottomana dove i suoi Malesi l'avevano portato. I vetri spezzati erano stati già tolti di là, gli ori e le perle erano state ricollocate scrupolosamente al loro posto, i mobili rovesciati erano stati raddrizzati e raggiustati alla meglio. Solo si vedevano le traccie lasciate qua e là dalla scimitarra sulle muraglie e sulle tappezzerie ancora lacerate. Il pirata si stropicciò gli occhi e si passò più volte le mani sulla fronte come cercasse rammentarsi dell'accaduto. - Non posso aver sognato - mormorò egli. - Sì, era ubbriaco e mi sentiva felice, oh! sì, molto felice. Orsù, il fuoco spento ricomincia a serpeggiarmi nelle vene. Che non lo possa io spegnere mai più? Si strappò di dosso la divisa del sergente Willis, indossò nuove vesti, scintillanti per le perle sparse a profusione, e uscì. Il sole era ancora alto; non potevano essere che le quattro. Aspirò una boccata d'aria marina che dissipò compiutamente gli ultimi resti dell'ubbriachezza e percorse collo sguardo il mare che estendevasi a perdita d'occhio ai suoi piedi. Egli rimase lì alcuni minuti, collo sguardo fisso fisso all'est, verso Labuan, col volto tristo e truce insieme, poi scese la scala dirigendosi alla spiaggia dove i suoi pirati lavoravano attivamente attorno a nuove trincee ed ai terrapieni. Chiamò Giro Batoë che s'affaccendava a porre in batteria un enorme cannone. Il Malese fu lesto ad avvicinarglisi. - Dov'è il Portoghese? - gli domandò Sandokan. - Ha preso il largo a bordo di uno dei più rapidi prahos, dopo di essersi intrattenuto a parlar qualche tempo con un indigeno. Mi sembrò che parlassero di una pericolosa spedizione ma non ha preso con sé che una ventina d'uomini. - Non sai dove andava adunque? - chiese Sandokan, diventato d'un tratto pensieroso. - No, non ha detto nulla - rispose il Malese. - Mi pareva però preoccupato. - Da dove veniva l'indigeno? - Dal nord e ha preso pure il Portoghese la via del nord accelerando la corsa coi remi. Doveva avere gran fretta. Sandokan stette qualche istante silenzioso guardando il mare poi volgendosi bruscamente verso il Malese che lo guardava attentamente come volesse leggergli negli occhi: - Va a prendermi un moschetto, Giro Batoë. Andremo a cacciare il cignale nella foresta. Il Malese partì come il vento e tornò poco dopo colla carabina. Sandokan se la gettò ad armacollo e internossi col compagno nella foresta vicina. Batterono i dintorni tutta la giornata senza aver scambiato parola, ammazzando una dozzina di pappagalli e un piccolo babirussa sorpreso in una macchia. Dopo di aver percorso parecchie miglia, lasciando qualche brano di vesti fra le spine e di aver fatta una breve fermata nella capanna di un Cinese a vuotare una bottiglia di tafià, ritornarono alla spiaggia al tramontare del sole. Sandokan che alla mattina era cupo, pareva felice. Domandò ancora del Portoghese, ma non era ritornato. Quella risposta lo preoccupò e divenne pensieroso. - Che si sia spinto fino sulle coste di Labuan? - mormorò egli. - Che ne pensi tu, Giro Batoë? - Io penso che egli avrà fiutato qualche cosa d'insolito, capitano - rispose il Malese che sgambettava ai suoi fianchi. - Il negro deve avergli comunicato qualche cosa d'importante dalla fretta con cui prese il largo. Chi sa che non si tratti d'Inglesi? Non sarei sorpreso se stesse cacciando qualche vaporiera verso Labuan. - Potrebbe darsi, Giro Batoë, solo mi sorprende come abbia preso con sé così pochi uomini. - Sì ma ha fatto imbarcare i tre più grossi cannoni da caccia che vi sieno in Mompracem, e ha scelto il fiore dei coraggiosi. Con simili forze, si possono fare grandi cose, capitano. - Ah! È così adunque? - disse Sandokan. - In tal caso, preoccuparsi sarebbe una follia. Ehi! Giro Batoë, cercami tre o quattro dei più arrabbiati bevitori fra i capi dei prahos e vieni con essi a trovarmi lassù. Ho bisogno di bere, ho bisogno di dormire. Senza wisky non chiuderei occhio. Egli ritornò alla sua capanna. Girò e rigirò a casaccio fra le trincee come cercasse qualche cosa e finì col sedersi sul ciglione della rupe coi piedi penzolanti, guardando all'oriente cercando scoprire il prahos del Portoghese e lanciando i suoi pensieri al di là del mare verso Labuan e meglio ancora alla villa. Rimase così fino a notte inoltrata, inebbriandosí dell'aria marina, pensieroso, ancora cupo, porgendo orecchio al muggito del mare che frangevasi furiosamente ai piedi della rupe e mirando quelle onde che pur bagnavano le coste dell'isola di Marianna, poi rientrò nella sua capanna dove i capi dei prahos lo aspettavano colle tazze colme in mano. Passò una gran parte della notte gozzovigliando con loro, e andò a dormire a ora assai tarda, dopo di aver vagato a lungo sulla piattaforma della rupe, per calmare le arsure che lo divoravano. Dormì pochissimo e sempre sognando cose lugubri; venne destato da Giro Batoë all'alba. - Che vuoi? - chiese Sandokan. - Il Portoghese è in vista della costa - rispose il Malese. Sandokan s'affrettò a uscire e scorse subito il prahos che veleggiava a tre o quattro miglia dalle coste, colla rossa bandiera ondeggiante a poppa. Il povero legno era ridotto in uno stato compassionevole. L'albero di trinchetto era spezzato raso il ponte, quello di maistra si sosteneva a malapena con una fitta rete di paterazzi e di sartie. Murate e madieri erano tutti fracassati, schiantati e tempestati di stoppacci che chiudevano numerosissimi fori. - Se non m'inganno, il prahos si è ben battuto - disse Sandokan. - Come mai non trae a rimorchio preda alcuna? - Potrebbe darsi che avesse nella stiva qualche tonnellata di minerale giallo - rispose Giro Batoë. - Forse... Oh! Dimmi, Giro Batoë, non vedo sul ponte vicino a un cannone, un uomo che sembra legato? Per Allah! Egli porta un vestito rosso! - Sangue di Maometto! - esclamò Giro Batoë portando le mani dinanzi agli occhi per ripararli dal sole. - Quell'uomo là è una giacca rossa. Eh! Sarebbe una bella presa, capitano, per avere notizie da Labuan. - Ma vuoi tu che Yanez si sia spinto fino alle coste di quell'isola? Bisogna che abbia calato a picco qualche vaporiera. A ogni modo andiamo a vedere. I due pirati scesero sulla spiaggia dove si erano radunati tutti i pirati del villaggio. Il prahos che avanzava frettoloso era allora vicinissimo. Il Portoghese Yanez scorgendo Sandokan alzò le mani in aria stropicciandole l'una contro l'altra con far allegro. - Buona preda, Sandokan! - gridò poscia additando il soldato inglese. Cinque minuti dopo il legno gettava l'âncora nella piccola rada. L'imbarcazione venne calata in mare e portò a terra Yanez, il soldato inglese e sette pirati più o meno gravemente feriti. - Ebbene, fratello - disse Sandokan. - Da dove vieni? - Puoi vederlo che vengo dal mare - rispose Yanez, - e che ti porto una preda preziosissima che pescai proprio nel momento che se ne andava a picco. Vieni lassù alla nostra capanna, Sandokan, e ti racconterò qual valore abbia questa preda. - Hai saccheggiato qualche brigantino inglese? Oppure ti sei spinto fino a Labuan? - Né l'uno né l'altro, amico mio. Non ho preso nemmeno un pugno d'oro, ho invece ricevuto ferro a volontà che ha demattato completamente il mio povero legno, una vera pioggia di bombe che faceva saltare i miei uomini sopra e sotto coperta. Che tempesta! Mi ha ammazzato due tigrotti e me ne ha rovinato altri sei o sette. Orsù, fratello mio, andiamo alla capanna e tu, Giro Batoë, tieni bene d'occhio questa giacca rossa e sta attento che non abbiano a guastarmela interamente. La raccomandazione capitava a tempo, poiché i pirati avevano circondato il prigioniero strappandogli la barba e i capelli e lacerandogli per derisione i suoi argentati galloni da caporale. Giro Batoë affrettossi a levare dalle loro mani il povero diavolo che urlava di dolore e lo condusse nella sua capanna dopo di averlo ben bene legato. Yanez e Sandokan salirono sulla piattaforma della rupe e s'accomodarono fra le trincee. - Orsù, Yanez, racconta - disse la Tigre. - Non vedi che io ardo d'impazienza? Sei stato a Labuan? - Per quanto il prahos camminasse, non avrei avuto il tempo per essere di ritorno così presto. Quando ti lasciai, aveva l'idea di corseggiare nelle acque dell'isola per cercare se era possibile di avere qualche notizia sulla lady. Stava per dare gli ordini opportuni perché armassero uno dei più grandi prahos quando incontrai il Nano che veniva dal nord ov'era stato a pescare. - Bene, e poi? - Il birbone mi raccontò che mentre tornava s'imbatté in un sospiratore affannato che andava frugando i seni della nostra isola. Tu sai già, che un sospiratore affannato è una vaporiera. - E tu l'hai inseguita? - Aspetta un po', fratello mio, che abbiamo del tempo dinanzi. Mi sono messo subitamente in mare col fiore dei più coraggiosi e tre dei più grossi cannoni che abbia Mompracem. A sera scoprimmo la vaporiera che fumava allegramente ritornandosene a Labuan. Con un colpo di cannone la facciamo avvisata che noi eravamo vicini, uno stupendo colpo che va a mozzarle nettamente la ciminiera. Viriamo di prua tagliandole la ritirata e cominciamo la musica. "Bisogna proprio dire che avesse a bordo gente dal fegato grosso. Ruggivano come noi e ci malmenavano per bene, ma per mille saette! la coprimmo di ferro. "I suoi fianchi si aprivano crepitando sotto la nostra mitraglia che batteva furiosamente in breccia e il suo ponte si seminava di cadaveri. Fumava e fischiava così terribilmente da credere sul serio che fosse sempre lì lì per saltare. "Gli tiriamo una bordata sul ponte con tutti e tre i cannoni. Due giacche rosse che si tenevano in piedi sulla murata di poppa come equilibristi giapponesi, capitombolano in mare. Era quello che voleva. La vaporiera infuriava e non parlava di resa, non vi era da guadagnare continuando la danza; gli mandiamo un'altra fiancata, in forma di saluto sull'attrezzatura e cediamo il passo. Mentre se ne fuggiva tutta fumante, credendo ancor un sogno di averla scampata bella, noi peschiamo bravamente i due uomini; uno era morente colla testa fracassata e l'altro era vivo e te lo riporto. Egli ha l'aria di saperla molto lunga sul conto di quel baronetto di cui tu me ne hai parlato, e di più, viene da Labuan. - Da Labuan? - esclamò Sandokan. - E che ti raccontò egli? - Eh! Il mariuolo ha la lingua corta, Sandokan, e ho dovuto penare per farlo cantare. - Vieni con me, Yanez; noi lo faremo parlare e a chiare note. Si alzò rapidamente, scese la scaletta e raggiunse in un lampo la capanna di Giro Batoë, sempre seguito dal Portoghese che si stropicciava allegramente le mani come uomo che è perfettamente contento. Il soldato, un caporale a giudicarlo dai resti dei gradi lasciatigli dai pirati, era legato solidamente a un anello di ferro e guardato da Giro Batoë che non era riuscito a strappargli una parola, dopo di avergli parlato inglese, malese e cinese. Alla vista di Sandokan, egli manifestò qualche sorpresa, guardandolo attentamente dalla testa ai piedi ma senza dir verbo. - Mi riconosci forse? - domandò il pirata avvicinandosi, mentre Giro Batoë, a un cenno del Portoghese, usciva. Il caporale si strinse nelle spalle ed ebbe un sorriso la cui espressione non isfuggì al pirata. - Se ti avessi visto una sola volta - disse egli, - non avrei dimenticato mai un volto così truce come il tuo, che sa di pirata a una lega di distanza. - Bene - disse freddamente Sandokan, - guardami bene in volto. Io sono la Tigre della Malesia! L'Inglese si mise a sogghignare crollando ripetutamente il capo con moto dubitativo. - La Tigre della Malesia non può essere ritornata a Mompracem. Essa è ancora laggiù, a Labuan, sotto le foreste inseguita come una vera tigre da tutti i cacciatori della colonia. Forse a quest'ora è anche morta. - Guarda, io era nella villa di lord Guillonk quando i tuoi hanno circondato il parco; ho atterrato il lord e sono passato in mezzo alle baionette dopo di aver spaccato la testa a uno che aveva avuto l'ardire d'insultarmi. Il baronetto, che voi chiamate William, comandava la spedizione; m'inganno io? - No; io faceva parte di coloro che circondavano il parco - rispose il soldato. - Io sono fuggito sotto la foresta - continuò Sandokan, - ho spogliato il sergente Willis dopo di averlo battuto, ho ingannato tutti i soldati così travestito, e sono giunto alla costa la sera del 26 aprile col Malese che ti custodiva poco fa. Credi ora tu che io sia la Tigre della Malesia? - Potrebbe darsi - rispose il soldato, che però non dubitava più di avere la Tigre in persona dinanzi. - Sai che la Tigre sarebbe capace di bere il tuo sangue e di strapparti il cuore e divorarlo ancor palpitante. - Forse! - Ma il soldato, nel pronunciare la parola impallidì, la qual cosa non sfuggì a Sandokan che lo guardava attentamente. - Discorriamo allora e non cacciarti in mente di restar muto. Quando io sono fuggito dove m'avete dato la caccia? Il soldato non rispose, anzi si morse le labbra perché non uscisse una sola parola. - Cominci male, cane d'Inglese! - esclamò Sandokan che si sentì preso da un impeto di collera. - Bada bene, vi sono kriss che tagliano un corpo in diecimila pezzi, tenaglie roventi che strappano la carne a brano a brano, piombo liquefatto da far sorseggiare ai ricalcitranti e del fuoco per farli arrostire lentamente. Voi mi avete dato la caccia verso il sud, te lo dirò io, poi siete ritornati al nord e non trovandomi, sospettando che io avessi di già preso la fuga, vi siete messi in mare. Bene, parlami ora del baronetto William e di lord Guillonk. Che ha fatto il primo? - Io non lo conosco, non so nulla; mi hanno mandato al nord - rispose il caporale. Sandokan pose mano al kriss. Avvicinossi al caporale che impallidiva come un morto e glielo puntò alla gola facendone uscire una goccia di sangue. Il prigioniero gettò un grido di dolore. - Parla o ti ammazzo - disse freddamente il pirata senza staccare il kriss che beveva sangue. - Parlerò, lasciatemi! parlerò, vi dirò tutto. Il baronetto è ritornato alla villa più cupo del solito e bestemmiando. Vi aveva cacciato tutta la giornata, la notte e il dì seguente ora all'occidente e ora al sud senza trovarvi. Egli aveva promesso al lord di portare la vostra testa, per avere la mano di sua nepote, milady Marianna. Quando ha veduto che le ricerche riuscivano infruttuose, era in preda al furore. Ha comandato ai piroscafi di mettersi in mare. - Continua, continua! - esclamò Sandokan, che non perdeva sillaba. - Io faceva parte della scorta del baronetto e sono salito con lui nella villa dove il lord lo aspettava ansiosamente, bestemmiando per non potersi mettere anche lui in caccia. Aveva una ferita in una gamba fattagli inavvertitamente dalla Tigre della Malesia nel mentre che disputavagli il passo. - Lo aveva ferito dunque io? Spicciati, parla, se ti è cara la vita. - , la Tigre accidentalmente a quanto asserì egli, l'aveva ferito. Il lord udendo come la caccia non fosse riuscita perdette la calma e inveì contro il baronetto che giurava di pigliarvi tardi o presto. Non si calmò che dopo qualche ora, ma la sua ira tornò a scoppiare quando vide sua nepote milady... - Lei! Lei! Marianna! - esclamò il pirata, che sentì il sangue montargli alla testa. - Parla! Parla, cane d'Inglese, spicciati ma non ingannarmi, capisci. Mi sentirei capace di farti a brani colle mie mani. Il soldato vedendolo in quella maniera, ebbe paura. Un'occhiata del pirata l'obbligò a tirar innanzi. - Ne seguì una scena violenta - diss'egli con voce tremante. - La giovanetta piangeva, invocando pietà per voi. - Ah! - esclamò Sandokan con voce che non aveva più nulla di umano. - Lo senti Yanez? Lo senti? - Continuate - disse il Portoghese. - Ma un avviso prima: se parli avrai la libertà e se taci ti faremo abbruciar vivo. Bada che le tue parole sieno vere. Tu rimarrai qui prigioniero finché noi andremo a Labuan, quindi al nostro ritorno potremo sapere se tu hai mentito. Tira innanzi ora e sta bene in guardia. - Non v'ingannerò - rispose il soldato che si vedeva in piena balia dei pirati. - La giovanetta pregava, il lord bestemmiava contro la Tigre. Fu allora che la lady, che dicesi si sia innamorata del terribile corsaro, udendo che lo si insultava, si precipitò addosso al suo zio giurando che sarebbe fuggita se non cessava dal vituperare un nome a lei tanto caro. "Il lord dopo un vivo alterco la lasciò sola uscendo col baronetto William... - Bene, e poi? - chiese Sandokan che sentivasi il cuore battere furiosamente. - Hanno parlato a lungo assieme, e il lord ha finito col cedere la mano di sua nepote al baronetto a patto che questi entro un anno gli porti la testa della Tigre. - Avanti! Avanti!... - Fra tre o quattro giorni lady Marianna Guillonk diverrà la moglie del baronetto William Rosenthal! Sandokan aveva gettato uno spaventevole urlo come di belva ferita. Egli barcollò e chiuse gli occhi. - Fra tre giorni! Fra tre giorni! - ruggì egli con indefinibile accento. Si raddrizzò, avvicinossi al soldato che non capiva il perché di quella terribile alterazione, e l'afferrò per le braccia tenagliandogli le carni e scuotendolo con furore. - Guardami bene in volto! - gli gridò agli orecchi. - Io sono la Tigre della Malesia! - Oh!... - Se tu mi hai ingannato guai a te! - Vi giuro che dissi la verità. - Sta bene. Tu rimarrai e io volerò a Labuan. Quando tornerò sarai libero e ti darò tanto oro quanto pesi, ma se hai mentito, ti farò soffrire mille torture. Vattene, cane, e medita. Il pirata si volse al Portoghese che lo guardava fisso colle braccia incrociate. - Partiamo, Yanez - gli disse con voce risoluta. - Partiamo, Sandokan - rispose il Portoghese. E i due uomini uscirono a rapidi passi.
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