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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
Nascere vide tutto ciò che nasce in una casa, in cinquant'anni. Sposi novelli, bimbi... I bimbi già corrosi oggi dagli anni, vide nella fasce. Passare vide tutto ciò che passa in una casa, in cinquant'anni. I morti tutti, egli solo, con le braccia forti compose lacrimando nella cassa. Tramonta il giorno, fra le stelle chiare, placido come l'agonia del giusto. L'ottuagenario candido e robusto viene alla soglia, con il suo mangiare. Sorride un poco, siede sulla rotta panca di quercia; serra per sostegno fra i ginocchi la ciotola di legno; mangia in pace così, mentre che annotta. Con la barba prolissa come un santo arissecchito, calvo, con gli orecchi la fronte coronati di cernecchi il buon servo somiglia il Tempo... Tanto, tanto simile al Nume pellegrino, ch'io lo vedo recante nella destra non la ciotola colma di minestra, ma la falce corrusca e il polverino. Biancheggia tra le glicini leggiadre l'umile casa ove ritorno solo. Il buon custode parla: "O figliuolo, come somigli al padre di tuo padre! Ma non amava le città lontane egli che amò la terra e i buoni studi della terra e la casa che tu schiudi alla vita per poche settimane...". Dolce restare! E forza è che prosegua pel mondo nella sua torbida cura quei che ritorna a questa casa pura soltanto per concedersi una tregua; per lungi, lungi riposare gli occhi (di che riposi parlano le stelle!) da tutte quelle sciocche donne belle, da tutti quelli cari amici sciocchi... Oh! il piccolo giardino ormai distrutto dalla gramigna e dal navone folto... Ascolto il buon silenzio, intento, ascolto il tonfo malinconico d'un frutto. Si rispecchia nel gran Libro sublime la mente faticata dalle pagine, il cuore devastato dall'indagine sente la voce delle cose prime. Tramonta il giorno. Un vespero d'oblio riconsola quest'anima bambina; giunge un riso, laggiù dalla cucina e il ritmo eguale dell'acciottolio. In che cortile si lavora il grano? Sul rombo cupo della trebbiatrice s'innalza un canto giovine che dice: anche il buon pane - senza sogni - è vano! Poi tace il grano e la canzone. I greggi dormono al chiuso. Nella sera pura indugia il sole: "Or fammi un po' lettura: te beato che sai leggere! Leggi!". Me beato! Ah! Vorrei ben non sapere leggere, o Vecchio, le parole d'altri! Berrei, inconscio di sapori scaltri, un puro vino dentro il mio bicchiere. E la gioia del canto a me randagio scintillerebbe come ti scintilla nella profondità della pupilla il buon sorriso immune dal contagio. Gli leggo le notizie del giornale: i casi della guerra non mai sazia e l'orrore dei popoli che strazia la gran necessità di farsi male. Ripensa i giorni dell'armata Sarda, la guerra di Crimea, egli che seppe la tristezza ai confini delle steppe e l'assedio nemico che s'attarda. Poi cade il giorno col silenzio. Poi rompe il silenzio immobile di tutto il tonfo malinconico d'un frutto che giunge rotolando sino a noi. E m'inchino e raccolgo e addento il pomo... Serenità!... L'orrore della guerra scende in me: cittadino della Terra, in me: concittadino d'ogni uomo. Ora il vecchio mi parla d'altre rive d'altri tempi, di sogni... E più m'alletta di tutte, la parola non costretta di quegli che non sa leggere e scrivere. Sereno è quando parla e non disprezza il presente pel meglio d'altri tempi: "O figliuolo il meglio d'altri tempi non era che la nostra giovinezza!". Anche dice talvolta, se mi mostro taciturno: "Tu hai l'anima ingombra. Tutto è fittizio in noi: e Luce ed Ombra: giova molto foggiarci a modo nostro! E se l'ombra s'indugia e tu rimuovine la tristezza. Il dolore non esiste per chi s'innalza verso l'ora triste con la forza d'un cuore sempre giovine. Fissa il dolore e armati di lungi, ché la malinconia, la gran nemica, si piega inerme, come fa l'ortica che più forte l'acciuffi e men ti pungi". E viene allo scrittoio, se m'indugio: "Ah! Già i capelli ti si fan più radi, sei pallido... Da tempo è che non badi per queste carte al remo e all'archibugio. Chi troppo studia e poi matto diventa! Giova il saper al corpo che ti langue? Vale ben meglio un'oncia di buon sangue che tutta la saggezza sonnolenta". Così ragiona quegli che non crede la troppo umana favola d'un Dio, che rinnegò la chiesa dell'oblio per la necessità d'un'altra fede. Dice: "Ritorna il fiore e la bisavola. Tutto ritorna vita e vita in polve: ritorneremo, poiché tutto evolve nella vicenda d'un'eterna favola". Ma come, o Vecchio, un giorno fu distrutto il sogno della tua mente fanciulla? E chi ti apprese la parola nulla, e chi ti apprese la parola tutto? Certo, fissando un cielo puro, un fiume antico, meditando nello specchio dell'acque e delle nubi erranti, il Vecchio lesse i misteri, come in un volume. Come dal tutto si rinnovi in cellula tutto; e la vita spenta dei cadaveri resusciti le selve ed i papaveri e l'ingegno dell'uomo e la libellula. Come una legge senza fine domini le cose nate per se stesse, eterne... Tanto discerne quei che non discerne i segni convenuti dagli uomini. Ma come cadde la tua fede illesa: fede ristoratrice d'ogni piaga per l'anima fanciulla che s'appaga nei simulacri della Santa Chiesa? Come vedi le cose? Senza fedi, stanco, sul limitare della morte, sai vivere sereno, o vecchio forte, sorridere pacato... Come vedi? Guardi le stelle attingere i fastigi dell'abetaia, contro il cielo, e l'orsa volger le sette gemme alla sua corsa: senti il ritmo macàbro delle strigi e il frullo della nottola ed il frullo della falena... Pel sereno illune spazi tranquillo, vecchio saggio immune. La tua pupilla è quella d'un fanciullo. Qualche cosa tu vedi che non vedo in quell'immensità, con gli occhi puri: "Buona è la morte" dici e t'avventuri serenamente al prossimo congedo. Ancora sento al tuo cospetto il simbolo d'una saggezza mistica e solenne; quello mi tiene ancora che mi tenne strano mistero, di quand'ero bimbo. Allora che su questa soglia stessa mi narravi di guerre e d'altri popoli, dicevi del Mar Nero e Sebastopoli, dei Turchi, di Lamarmora, d'Odessa. E nel mio sogno s'accendean le vampe sopra le mura. Entrava la milizia nella città: una città fittizia quali si vedono nelle vecchie stampe, le vecchie stampe incorniciate in nero: ...i panorami di Gerusalemme, il Gran Sultano, carico di gemme...: artificiose, belle più del vero; le vecchie stampe, care ai nostri nonni ...il minareto e tre colonne infrante, il mare, la galea, il mercatante... città vedute nei miei primi sonni. Ed ora, o vecchio, e sazi la tua fame sulla panca di quercia, ove m'indugio; altro sentiero tenta al suo rifugio il bimbo illuso dalle stampe in rame. HAI UN LIBRO INEDITO NEL CASSETTO ? 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