| Fondazione Bevilacqua La Masa
Galleria di Piazza San Marco e Palazzetto Tito
The grammar of photography
fino al 15 ottobre 2006
La Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia è lieta di annunciare la prima importante mostra retrospettiva in Italia del fotografo tedesco Thomas Ruff. La rassegna è curata da Filippo Maggia, responsabile per la Fotografia della Fondazione Bevilacqua La Masa. La duplice esposizione avrà luogo nelle due sedi della Fondazione, la galleria di piazza San Marco e lo spazio espositivo di Palazzetto Tito a Dorsoduro.
La mostra si presenta come il primo importante appuntamento con una visione complessiva del lavoro di Ruff e si propone, come già quella di Philip Lorca di Corcia e la retrospettiva a venire sul lavoro di Yasunasa Morimura, come ulteriore dimostrazione dell’interesse che la Fondazione Bevilacqua La Masa va sviluppando per il linguaggio fotografico.
La retrospettiva dedicata a Ruff comprende una importante selezione di opere dalle sue più importanti serie, fra queste: i “Portraits” in piccolo e grande formato, con la variante dei "Blue Eyes", i notturni verdi da "Nights", i cieli stellati e i più recenti "Nudes" e "Machines", sino agli ultimi JPG presentati alla 51ma Biennale di Venezia. Tra opere in piccolo, medio e grande formato sono previste a Venezia più di 150 fotografie.
Noto al grande pubblico fin dalla metà degli anni Ottanta per i grandi ritratti di studenti suoi coetanei, l'artista tedesco è da sempre fine sperimentatore del mezzo fotografico e delle sue numerose possibili declinazioni. Ruff si distingue da altri fotografi tedeschi della sua generazione - sovente accomunati sotto la dicitura "Scuola di Dusseldorf" - proprio per la sua capacità e determinazione nel cambiare metodo e approccio al linguaggio fotografico: sono i suoi soggetti a determinare nuove indagini e inaspettate soluzioni stilistiche. Partendo infatti dal presupposto che la fotografia sia in grado di catturare solamente la superficie delle cose, “l’autenticità di una realtà prestabilita e manipolata”, Ruff volge tutto il suo interesse alla costruzione dell’immagine ed alla sua manipolazione durante i processi di stampa. Ne è riprova la sua predilezione per il colore a scapito del bianco e nero asciutto, caratteristica che cambia completamente la tradizione della fotografia documentaristica.
The Grammar of Photography è il titolo non casuale della retrospettiva a lui dedicata. Si tratta infatti di una selezione di oltre 120 opere che traccia un percorso pressoché completo della sua produzione, dalla metà anni Ottanta sino ad oggi: una vera e propria grammatica della fotografia ove, capitolo dopo capitolo, Ruff si esercita in sperimentazioni linguistiche che provano a rileggere, ogni volta attualizzandolo e contestualizzandolo, il codice fotografico: infatti in mostra compaiono anche una serie di immagini “stereo” e ritratti “ritoccati”, realizzati secondo la tecnica in uso a metà Ottocento. Si va così dai primi e innovativi ritratti -primi piani dei compagni di accademia dopo qualche anno esplosi nei grandi formati che lo hanno reso celebre in tutto il mondo- attraverso l’infinità dei cieli puntellati di stelle e le notti spiate attraverso la metallica luce verde delle ottiche in uso ai militari, sino alle serie realizzate negli ultimi anni, dove prepotentemente l’immagine tecnologica con tutte le sue declinazioni sfonda, dilatandolo, il campo fotografico tradizionale, creando alle volte link decisamente sorprendenti. Nonostante ciò, Ruff guarda sempre ai fondamenti del linguaggio fotografico, riconducendo innanzitutto ad esso ogni nuovo ragionamento, teorico ancor prima che tecnologico. Così si spiegano la serie Abstract e ancor più l’incredibile e commovente lavoro dedicato alle “Macchine” in uso presso le tipografie, come del resto i “Nudi” scaricati dal web e “ridipinti” su pellicola. Quasi fosse una sorta di riassunto epocale, che parte dalla sua esperienza ma si confronta con il mondo intorno, l’ultima serie JPG -ampiamente rappresentata in mostra e ancor più in catalogo- racchiude in sé molti degli elementi che hanno da sempre caratterizzato il lavoro di Ruff: accanto alla bellezza misteriosa di lontani siti archeologici o al romanticismo languido di alcuni paesaggi campeggiano severe le immagini della Cecenia, vulcani che eruttano, frammenti drammatici dell’11 settembre newyorchese. Un nuovo modo, esasperato forse, di rileggere le tipologie del mondo senza mai scostarsi da quella tradizione e approccio tipico della grande fotografia tedesca, oggi senza alcun dubbio la maggior espressione esistente. Non deve stupire, allora, che dopo il breve interregno di Jeff Wall, l’Accademia di Dusseldorf abbia voluto Thomas Ruff per la cattedra appartenuta per decenni a Bernd Becher. |