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Opere pubblicate: 19989
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Info sull'Opera
OPERE IN MOSTRA:
Costumi e accessori: tutti courtesy Nicola Bateman Bowery e The Leigh Bowery Estate, se non diversamente specificato 1. Costume damier bianco e verde usato per la peformance da Anthony d’Offay, 1988. 2. Costume “Transformer” in lycra bianca, imbottiture e sfera di tulle-copricapo, 1989. 3. Mantello di velluto rosso, corsetto e copricapo con lampadine, 1989 4. Costume da wrestler in paillettes verdi e mantello, primi anni ’90. 5. Bustier con paillettes, primi anni ’90, Courtesy Lorcan o’ Neill, Roma. 6. Copricapo con frange di perline indossato in Italia, primi anni ’90. 7. Mantello “Freud-Hitler”, 1992, Courtesy Lorcan O’Neill, Roma. Fotografie Fergus Greer Courtesy the artist and Michael Hoppen gallery, London Colore, cm 162 x 122 1. Leigh Bowery: Session II / Look 10 / July 1989 2. Leigh Bowery: Session II / Look 4 / July 1989 3. Leigh Bowery: Session II / Look 8 / July 1989 4. Leigh Bowery: Session II / Look 9 / July 1989 5. Leigh Bowery: Session II / Look 7 / July 1989 6. Leigh Bowery: Session II / Look 14 / August 1990 7. Leigh Bowery: Session III / Look 15 / August 1990 8. Leigh Bowery: Session III / Look 11 / August 1990 9. Leigh Bowery: Session VI / Look 28 / March 1992 10. Leigh Bowery: Session VI / Look 30 / March 1992 11. Leigh Bowery: Session VI / Look 29 / March 1992 12. Leigh Bowery: Session VI / Look 33 / March 1992 13. Leigh Bowery: Session VII / Look 38 / July 1994 14. 14. Leigh Bowery: Session VII / Look 37 / June 1994 15. Leigh Bowery: Session VII / Look 36 / June 1994 Colore, cm 122x 122 16. Leigh Bowery: Session I / Look 2 / November 1988 17. Leigh Bowery: Session IV / Look 18 / August 1991 18. Leigh Bowery: Session VI / Look 21 / August 1991 19. Leigh Bowery: Session VI / Look 31 / March 1992 20. Leigh Bowery: Session VII / Look 34 / June 1994 Fotografie Nick Knight Courtesy the artist and Showstudio, London Colore, cm 1. Leigh Bowery, 1987 2. Leigh Bowery, 1987 3. Leigh Bowery, 1987 4. Leigh Bowery, 1987 5. Leigh Bowery, 1987 6. Leigh Bowery, 1987 7. Leigh Bowery, 1992 Fotografie Bruce Bernard Courtesy The British Council collection, London 1. Leigh Bowery with his portrait standing, colore 61 x 46.5 2. Leigh Bowery with his portrait standing, colore cm 62 x 47 cm 3. With Nicola Bateman posing for The Bridegrooml colore 61 x 46.5 cm 4. With Nicola Bateman posing for The Bridegroom, colore 58.5 x 45 cm 5. With Nicola Bateman posing for The Bridegroom, colore, 65 x 49.5 cm 6. With Nicola Bateman posing for The Bridegroom, colore 61 x 46.5 cm 7. Lucian Freud in front Bowery’s portrait , colore 68.5 x 53 cm 9. Lucian Freud in front Bowery’s portrai, bianco e nero 67.5 x 52 cm Incisioni Lucian Freud Private collection, London 1. Large Head, cm 82,5 x 66,8, ed 40 ,1993 2. Head of a Man, cm 40 x 42, ed 20, 1993 3. Reclining Figure, cm 32,3 x 41,6, ed 30, 1994 Video e Film -Cerith Wyn Evans, Epiphany, 1984 16 mm film/DVD, 24’15”, courtesy the artist and White Cube, London. -Cerith Wyn Evans, Anthony d’Offay performances, 1988, video,28’, courtesy Cerith Wyn Evans e Anthony d’Offay, London. -Raw Sewage, Walk This Way, video booth performance, 1993, courtesy The Estate of Leigh Bowery. - Baillie Walsh/Boy George, Generations of Love,1990, colore, courtesy More Protein. - Charles Atlas, Teach 1&2, 7’27’’, colore, 1992-99 courtesy XL Xavier la Boulbenne, New York. - Matthew Glamorre, A Smashing Night Out, 9’13’’, colore, 1994. - Mark Hasler, Death in Vegas, 6’, colore, 1994, con: Leigh Bowery - Rob Van De Ven, Performance at Fort Asperen, 9’39’’, colore, 1994, courtesy ZAPP Magazine. - Angus Cook, Flour (single screen version), 4’, 1995. - John Maybury, Read Only Memory, 1’57’’, colore, 1998. -Dick Jewell, Leigh Bowery Serpentine Gallery Performance, 1989, video, 23’30”, courtesy Dick Jewell. -Charles Atlas, The Legend of Leigh Bowery, 2001, video, 83’, courtesy the artist. Archivio Courtesy The Leigh Bowery Estate Una selezione di flyers del Taboo, istantanee scattate durante le serate londinesi, lettere ed altro materiale. ******************************* L’immacolata concezione di Leigh Bowery Di Michael Bracewell Leigh Bowery arrivò a Londra attratto dal movimento del punk rock, che nel 1976 si era ribellato contro la moda, i media, l’arte e il pop per creare un proprio linguaggio trasgressivo. A prescindere dai celeberrimi gruppi dei Sex Pistols, dei Vibrators e dei Clash, la città offriva una ricca scena musicale che ben presto avrebbe esteso i confini del punk in uno spazio ancora libero della geografia culturale. Il punk costituiva una possibilità alla pari di molte altre e le metafore della violenza, dell’artificio e del travestitismo che avevano già fatto la loro comparsa nel teatro proto-punk di Bowie e Kemp potevano essere riprese da chiunque, e diffuse rapidamente attraverso la musica, l’abbigliamento o semplicemente apparendo. Lo stile punk, al di là dell’alta moda del SEX and Seditionaries, era ‘fatto in casa’ e aveva finalità ben precise. Per Bowery, che veniva dall’Australia, il semplice uscire di casa poteva diventare una forma d’arte a tutti gli effetti. Fin dall’inizio della sua attività pubblica, Bowery esprimeva le proprie idee unicamente attraverso il corpo. In breve, la sua estetica consisteva nel riprendere i costumi e il trucco stravagante del Flowers di Kemp e indossarli in metropolitana o al supermercato. Quest’arte ‘fuori dal museo’ era resa possibile grazie al punk, ma slegata da qualsiasi moda o tendenza; nei termini convenzionali non era possibile paragonarla a nulla, tranne forse alle ‘superstar’ di Warhol, ma alla tradizione del travestitismo, Bowery preferì un surrealismo del tutto personale. I costumi e il trucco di Bowery hanno spesso toccato il limite dell’inaccettabile – e dell’inaccessibile – per l’immagine della moda. Bowery ha indossato con uno stile personale le proprie creazioni – una permanente bionda punteggiata da macchie di colore acceso o una calotta bianca da cui scendono rivoli di inchiostro blu – che nella loro totale assurdità, ricordano i cartoni animati. Le sue mise sono uniche ed esprimono le idee dell’artista. Il risultato può essere grottesco o grazioso in maniera disarmante, ma non corrisponde mai alle ortodossie del pop, della moda o dell’arte in genere. All’inizio degli anni Ottanta, sulla scia del rinnovato interesse per le opere trasgressive di Georges Bataille, Paul Buck riunì un gruppo di scrittori, performer e cineasti per realizzare una celebrazione in tre serate al Bloomsbury Theatre di Londra, intitolata Violence Silence. Com’era inevitabile, alcune delle letture e delle performance portate in scena riguardavano rituali sessuali e satanici, che riflettevano un’interpretazione piuttosto sommaria delle indagini di Bataille sul rapporto tra la letteratura e il Male. Già negli anni Settanta, nelle performance con COUM, Genesis P. Orridge aveva portato in scena l’atto sessuale e all’epoca di Violence Silence la struttura intellettuale di simili operazioni era già stata assimilata. Una continuazione dell’estetica di Bowery si può individuare in Ziggy Stardust, Arancia meccanica, Flowers e nel proto-punk, come pure nelle citazioni da Bataille ad opera di artisti e cineasti londinesi. Si tratta di una cultura che si autoproclama underground, in bilico tra performance art e cultura dei club alla moda e tuttavia assolutamente imprescindibile dalla sua opposizione all’ortodossia. Bowery diffida delle interviste riportate sui giornali, tuttavia è legittimo richiamarsi qui alla sua convinzione che parole quali ‘scioccante’ o ‘meraviglioso’ non abbiano alcun senso: l’artista infatti non pensa, né tantomeno crea in questi termini. Il collegamento laterale tra gli artisti che contribuirono a Violent Silence, lo scandaloso ‘anti art show’ di Camden Town e le prime performance di Michael Clark assume forma concreta nelle apparizioni informali di Leigh Bowery quale celebrità sociale dell’underground. Indipendente da qualsiasi mezzo, luogo particolare o galleria, Bowery era in grado di iniettare la spaventosa forza della sua presenza come una sorta di musa alternativa – uno Zeitgeist in carne e ossa – nell’attività artistica pop dell’epoca. In quel periodo non c’erano molti personaggi più alla moda di Bowery in termini di collage mediatico post-moderno, tuttavia l’artista rimase tenacemente al di fuori della moda stessa. Bowery veniva celebrato come un genio, richiesto da artisti e designer: in parte alla sua presenza si deve il successo degli innovativi balletti di Clark e dei design di Body Map. Bowery si muoveva sul limite estremo dell’autoespressione rendendosi indispensabile sia al soft pop dei Culture Club che alla politica sessuale dell’opera di Clark. Nelle apparizioni di Bowery vi era sempre qualcosa di sgraziato, che ricordava la classica parodia en travesti della dignità sciatta e matronale impiegata da artisti della pantomima del calibro di Lily Savage o Hinge & Bracket. Questa femminilità volgare (o volgarizzata) è resa autenticamente transessuale nei costumi di Bowery. A differenza del defunto Divine, sorta di grottesca matrona americana, Bowery divenne un personaggio ermafrodita la cui sessualità poteva essere lobotomizzata o mascherata. In quanto segno, il suo corpo era singolare. Alla metà degli anni Ottanta, Bowery cominciò a collaborare con Mark E. Smith e The Fall. Come Bowery, anche Smith è un artista che si muove al di fuori delle mode, una figura che non è mai ‘di moda’, eppure rimane sempre ‘nella moda’. Nel 1987 al Riverside Studios venne rappresentata la commedia di Smith Hey Luciani!, in cui Bowery interpretava il personaggio del papa. La pièce, liberamente ispirata ai cinque giorni trascorsi dall’elezione di papa Luciani col nome di Giovanni Paolo I alla sua morte, utilizzava i nuovi brani tratti dall’LP dei The Fall, Bend Sinister e univa la prosa frammentata di Smith con performance e film. Il linguaggio comico grottesco di Smith, la vena polemica e la satira feroce si adattavano perfettamente al personaggio di Bowery – sorta di figura allegorica di cane sciolto – e, grazie alla combinazione di sensibilità diverse, la commedia riscosse molto successo. Nel 1988 Bowery interpretò al fianco di Michael Clark I Am Kurious, Oranj di Smith ; il carattere più ‘professionale’ della produzione smorzò tuttavia la forza dell’impatto che aveva reso così affascinante Hey Luciani!. Ormai considerato un membro della compagnia di Michael Clark, Bowery si sentiva evidentemente a disagio con la convenzionalità tipica di un prodotto artistico ‘alto’ che implicava la celebrità ottenuta da Clark. Alla fine degli anni Ottanta sembrava che l’underground stesse per diventare un movimento modaiolo. La forza di Smith e Bowery stava proprio nel loro essere outsider in un’epoca in cui la pop society voleva farne degli inseriti a tutti gli effetti. Mentre diventava sempre più celebre come candidato preferito per questionari da supplemento domenicale e ospite di sfilate di moda, l’autentica vena creativa di Bowery trovava espressione nei club come il Taboo al Maximus di Leicester Square. Tornando ad esprimersi attraverso il mezzo extra-artistico del semplice ‘uscire di casa’, Bowery fu in grado di ricreare il proprio aspetto e la propria ‘performance’ in pieno accordo con l’ambiente che aveva scelto. È interessante notare come le sue performance alla galleria Anthony d’Offay fossero poco più che estensioni del rituale di analizzare se stesso allo specchio. Dividendo la galleria con uno specchio unidirezionale che permetteva agli osservatori di vederlo riflesso mentre guardava se stesso, Bowery si divertiva alle spalle dell’arte convenzionale. Alla pari delle performance nel box a vetri di Warhol, le esibizioni di Bowery non implicavano altro che ‘essere se stesso’. Non poteva esistere alcun ‘dialogo artistico’ tra Bowery e il suo pubblico, era come una conversazione tra individui che non parlano la stessa lingua. Bowery era un ‘fenomeno’, significante autoriflettente di un particolare stato d’animo. Indossando maschere di garza su cui applicava il make-up, usando il trucco prostetico e il piercing, Bowery si trasformava in un esploratore maldestro e ostinato dei propri desideri e feticci. In altre parole, il suo interesse sarà sempre quello di presentare in forma di spettacolo i rituali privati del sesso o del corpo. La carriera di Bowery culmina nel suo lavoro con il gruppo pop dei Minty. Dal punto di vista musicale i Minty sono stati paragonati ai Magazine e ai Wayne County, ma per le generazioni che non hanno esperienza del punk rock questi riferimenti sono molto meno importanti rispetto alla estrema distanza del gruppo dalla musica techno o dall’indie guitar rock. I Minty propongono l’estetica trash di alcuni dei primi gruppi punk, sviluppando i loro brani e le performance attraverso ciascuna delle rare esibizioni dal vivo. Attualmente i Minty sono un gruppo underground, e c’è tutto un proliferare di leggende riguardo al contesto in cui si svolgono i loro show. Indubbiamente hanno una base di verità: tra gli episodi più celebri c’è quello di Bowery che mette in scena una donna ricoperta di sangue ed escrementi, alla quale, prima di vomitarle nella bocca, porge una tazza piena della propria urina. In un’altra performance, Bowery mima un atto di coprofilia e, con la bocca tutta sporca, canta ‘solo la cioccolata più buona e friabile’... Bowery vorrebbe esibirsi con i Minty a Top Of The Pops. Siamo fiduciosi che i Minty non diventino i Sigue Sigue Sputnik di quest’anno: da lungo tempo ci si è stancati delle performance estreme ed eccessive e si tende a giudicare con cinismo quelle esibizioni che possono essere definite ‘outsider’. Tuttavia, dal punto di vista storico, i Minty hanno le carte in regola per riscuotere il favore di un pubblico di giovani amanti del pop, appassionati della teatralità di un Suede, che troveranno nelle performance di Bowery un’occasione di coinvolgimento nel punk cabaret. Slegati dalla storia del pop e incuranti della sfida che ogni epoca pop lancia alla successiva, i Minty sono al tempo stesso i continuatori di una tradizione che va da David Bowie ai Throbbing Gristle e gli innovatori di quella stessa tradizione per un pubblico nuovo. La vena pop di Bowery deve molto più ai Sex Pistols che alle performance di gruppi quali John Maybury’s Max. L’umorismo è sempre presente nelle sue esibizioni, combinato a un’idea che non concede nulla ai compromessi riguardo a ciò che l’arte è o potrebbe essere. Per Leigh Bowery il successo è poco più di un’occupazione a rischio. Il testo è stato pubblicato per la prima volta in Frieze, November-December 1994
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