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Info sull'Opera
Autore:
Francesco Petrarca
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

CCCLXVI

di Francesco Petrarca

Vergine bella, che di sol vestita,
coronata di stelle, al sommo sole
piacesti sí, che ’n te sua luce ascose,
amor mi spinge a dir di te parole;
ma non so ’ncominciar senza tu’ aita,
e di colui ch’amando in te si pose:
invoco lei che ben sempre rispose,
chi la chiamò con fede.
Vergine, s’a mercede
miseria estrema de l’umane cose
già mai ti volse, al mio prego t’inchina;
soccorri a la mia guerra,
ben ch’i’ sia terra, e tu del ciel regina.
Vergine saggia, e del bel numero una
de le beate vergini prudenti,
anzi la prima, e con più chiara lampa;
o saldo scudo de l’afflitte genti
contr’a’ colpi di Morte e di Fortuna,
sotto ’l qual si trïunfa, non pur scampa;
o refrigerio al cieco ardor ch’avampa,
qui fra i mortali sciocchi;
Vergine, que’ belli occhi,
che vider tristi la spietata stampa
ne’ dolci membri del tuo caro figlio,
volgi al mio dubio stato,
che sconsigliato a te vèn per consiglio.
Vergine pura, d’ogni parte intera,
del tuo parto gentil figliuola e madre,
ch’allumi questa vita, e l’altra adorni,
per te il tuo Figlio, e quel del sommo Padre,
o fenestra del ciel lucente, altèra,
venne a salvarne in su li estremi giorni
e fra tutt’i terreni altri soggiorni
sola tu fosti eletta,
Vergine benedetta,
che ’l pianto d’Eva in allegrezza torni.
Fammi, ché puoi, de la sua grazia degno,
senza fine o beata,
già coronata nel superno regno.
Vergine santa, d’ogni grazia piena,
che per vera et altissima umiltate
salisti al ciel, onde miei prieghi ascolti,
tu partoristi il fonte di pietate,
e di giustizia il sol, che rasserena
il secol, pien d’errori, oscuri e folti:
tre dolci e cari nomi hai in te raccolti,
madre, figliuola, e sposa;
Vergine gloriosa,
donna del re che nostri lacci a sciolti,
e fatto ’l mondo libero e felice,
ne le cui sante piaghe,
prego ch’appaghe il cor, vera beatrice.
Vergine sola al mondo, senza essempio,
che ’l ciel di tue bellezze innamorasti,
cui né prima fu simil, né seconda,
santi penseri, atti pietosi e casti
al vero Dio sacrato e vivo tempio
fecero in tua verginità feconda.
Per te pò la mia vita esser ioconda,
s’a’ tuoi preghi, o Maria,
Vergine dolce e pia,
ove ’l fallo abondò la grazia abonda.
Con le ginocchia de la mente inchine,
prego che sia mia scorta,
e la mia tòrta via drizzi a buon fine.
Vergine chiara e stabile in eterno,
di questo tempestoso mare stella,
d’ogni fedel nocchier fidata guida,
pon mente in che terribile procella
i’ mi ritrovo sol, senza governo,
et ho già da vicin l’ultime strida.
Ma pur in te l’anima mia si fida,
peccatrice, i’ no ’l nego,
Vergine; ma ti prego
che ’l tuo nemico del mio mal non rida:
ricorditi, che fece il peccar nostro,
prender Dio per scamparne,
umana carne, al tuo virginal chiostro.
Vergine, quante lagrime ho già sparte,
quante lusinghe, e quanti preghi indarno,
pur per mia pena, e per mio grave danno!
Da poi ch’i’ nacqui in su la riva d’Arno,
cercando or questa et or quel altra parte,
non è stata mia vita altro ch’affanno.
Mortal bellezza, atti, e parole m’hanno
tutta ingombrata l’alma.
Vergine sacra et alma,
non tardar, ch’i’ son forse a l’ultimo anno.
I dí miei più correnti che saetta,
fra miserie e peccati,
sonsen andati, e sol Morte n’aspetta.
Vergine, tale è terra e posto ha in doglia
lo mio cor, che vivendo in pianto il tenne;
e de mille miei mali un non sapea;
e per saperlo, pur quel che n’avenne
fôra avenuto; ch’ogni altra sua voglia
era a me morte, et a lei fama rea.
Or tu donna del ciel, tu nostra dea,
se dir lice, e convensi,
Vergine d’alti sensi,
tu vedi il tutto; e quel che non potea
far altri, è nulla a la tua gran vertute,
por fine al mio dolore;
ch’a te onore, et a me fia salute.
Vergine, in cui ho tutta mia speranza,
che possi e vogli al gran bisogno aitarme,
non mi lasciare in su l’estremo passo;
non guardar me, ma chi degnò crearme;
no ’l mio valor, ma l’alta sua sembianza,
ch’è in me, ti mova a curar d’uom sí basso.
Medusa, e l’error mio m’han fatto un sasso
d’umor vano stillante:
Vergine, tu di sante
lagrime, e pie, adempi ’l meo cor lasso;
ch’almen l’ultimo pianto sia devoto,
senza terrestro limo,
come fu ’l primo non d’insania vòto.
Vergine umana, e nemica d’orgoglio,
del comune principio amor t’induca;
miserere d’un cor contrito, umìle:
che se poca mortal terra caduca
amar con sí mirabil fede soglio,
che devrò far di te cosa gentile?
Se dal mio stato assai misero e vile
per le tue man resurgo,
Vergine, i’ sacro e purgo
al tuo nome e penseri e ’ngegno e stile,
la lingua e ’l cor, le lagrime e i sospiri.
Scorgimi al miglior guado,
e prendi in grado i cangiati desiri.
Il dí s’appressa, e non pòte esser lunge,
sí corre il tempo e vola,
Vergine unica e sola,
e ’l cor or conscienzia or morte punge.
Raccomandami al tuo figliol, verace
omo e verace Dio,
ch’accolga ’l mio spirto ultimo in pace.
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