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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
Che debb’io far? Che mi consigli, Amore?
Tempo è ben di morire, et ho tardato più ch’i’ non vorrei. Madonna è morta, et ha seco il mio core; e volendol seguire, interromper convèn quest’anni rei; perché mai veder lei di qua non spero, e l’aspettar m’è noia; poscia ch’ogna mia gioia, per lo suo dipartire, in pianto è volta, ogni dolcezza de mia vita è tolta. Amor, tu ’l senti, ond’io teco mi doglio, quant’è ’l danno aspro e grave; e so che del mio mal ti pesa e dole, anzi del nostro; perch’ad uno scoglio avem rotto la nave, et in un punto n’è scurato il sole. Qual ingegno a parole poria agguagliare il mio doglioso stato? Ahi orbo mondo, ingrato! Gran cagion hai di dever pianger meco; ché quel ben ch’era in te, perduto hai seco. Caduta è la tua gloria, e tu no ’l vedi; né degno eri, mentr’ella visse qua giù, d’aver sua conoscenza, né d’esser tocco da’ suoi santi piedi; perché cosa sí bella devea ’l ciel adornar di sua presenza. Ma io, lasso!, che senza lei né vita mortal, né me stesso amo, piangendo la richiamo: questo m’avanza di cotanta spene, e questo solo ancor qui mi mantene. Oimè!, terra è fatto il suo bel viso, che solea far del cielo e del ben di lassù fede fra noi; l’invisibil sua forma è in paradiso, disciolta di quel velo che qui fece ombra al fior de gli anni suoi, per rivestirsen poi un’altra volta, e mai più non spogliarsi, quando alma e bella farsi tanto più la vedrem, quanto più vale sempiterna bellezza che mortale. Più che mai bella e più leggiadra donna tornami inanzi, come là dove più gradir sua vista sente. Questa è del viver mio l’una colonna, l’altra è ’l suo chiaro nome, che sona nel mio cor sí dolcemente. Ma tornandomi a mente che pur morta è la mia speranza, viva allor ch’ella fioriva, sa ben Amor qual io divento, e, spero, vedel colei ch’è or sí presso al vero. Donne, voi che miraste sua beltate, e l’angelica vita, con quel celeste portamento in terra, di me vi doglia e vincavi pietate, non di lei ch’è salita a tanta pace, e m’ha lassato in guerra; tal che s’altri mi serra lungo tempo il camin da seguitarla, quel ch’Amor meco parla sol mi riten ch’io non recida il nodo; ma e’ ragiona dentro in cotal modo: "Pon freno al gran dolor che ti trasporta; ché per soverchie voglie si perde ’l cielo, ove ’l tuo core aspira, dove è viva colei, ch’altrui par morta, e di sue belle spoglie seco sorride, e sol di te sospira; e sua fama che spira in molte parti ancor per la tua lingua, prega che non estingua, anzi la voce al suo nome rischiari, se gli occhi suoi ti fûr dolci né cari." Fuggi ’l sereno e ’l verde, non t’appressare ove sia riso o canto, canzon mia, no, ma pianto: non fa per te di star fra gente allegra, vedova, sconsolata, in veste negra.
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