| O cameretta, che già fosti un porto
a le gravi tempeste mie diurne,
fonte se’ or di lagrime notturne,
che ’l dí celate per vergogna porto!
O letticciuol, che requie eri e conforto
in tanti affanni, di che dogliose urne
ti bagna Amor, con quelle mani eburne,
solo vèr’ me crudeli a sí gran torto!
Né pur il mio secreto, e ’l mio riposo,
fuggo, ma più me stesso, e ’l mio pensero
che, seguendol talor, levommi a volo;
e ’l vulgo, a me nemico, et odioso
chi ’l pensò mai?, per mio refugio chero:
tal paura ho di ritrovarmi solo.
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