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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
Di pensier in pensier, di monte in monte
mi guida Amor; ch’ogni segnato calle provo contrario a la tranquilla vita. Se ’n solitaria piaggia, rivo, o fonte, se ’n fra duo poggi siede ombrosa valle, ivi s’acqueta l’alma sbigottita; e come Amor l’envita, or ride, or piange, or teme, or s’assecura: e ’l volto che lei segue ov’ella il mena si turba e rasserena, et in un esser picciol tempo dura; onde a la vista uom di tal vita esperto diria: <<Questo arde, e di suo stato è incerto,>> Per alti monti e per selve aspre trovo qualche riposo; ogni abitato loco è nemico mortal de gli occhi miei. A ciascun passo nasce un penser novo de la mia donna, che sovente in gioco gira ’l tormento ch’i’ porto per lei; et a pena vorrei cangiar questo mio viver dolce amaro, ch’i’ dico: <<Forse ancor ti serva Amore ad un tempo migliore; forse, a te stesso vile, altrui se’ caro.>> Et in questa trapasso sospirando: or porrebbe esser vero? or come? or quando? Ove porge ombra un pino alto od un colle talor m’arresto, e pur nel primo sasso disegno co la mente il suo bel viso. Poi ch’a me torno, trovo il petto molle de la pietate; et alor dico: <<Ahi, lasso, dove se’ giunto! et onde se’ diviso!>> Ma mentre tener fiso posso al primo pensier la mente vaga, e mirar lei, et obliar me stesso, sento Amor sì da presso che del suo proprio error l’alma s’appaga: in tante parti e sì bella la veggio, che se l’error durasse, altro non cheggio. I’ l’ho più volte (or chi fia che m’il creda?) ne l’acqua chiara, e sopra l’erba verde veduto viva, e nel troncon d’un faggio, e ’n bianca nube sì fatta che Leda avria ben detto che sua figlia perde, come stella che ’l sol copre col raggio; e quanto in più selvaggio loco mi trovo e ’n più deserto lido, tanto più bella il mio pensier l’adombra. Poi quando il vero sgombra quel dolce error, pur lì medesmo assido me freddo, pietra morta, in pietra viva, in guisa d’uom che pensi e pianga e scriva. Ove d’altra montagna ombra non túcchi verso ’l maggiore e ’l più espedito giogo tirar mi suol un desiderio intenso. Indi i miei danni a misurar co gli occhi comincio, e ’n tanto lagrimando sfogo di dolorosa nebbia il cor condenso, alor ch’i’ miro e penso, quanta aria dal bel viso mi diparte, che sempre m’è sì presso e sì lontano; poscia fra me pian piano: <<Che sai tu, lasso? Forse in quella parte or di tua lontananza si sospira;>> et in questo penser l’alma respira. Canzone, oltra quell’alpe, là dove il ciel è più sereno e lieto, mi rivedrai sovr’un ruscel corrente, ove l’aura si sente d’un fresco et odorifero laureto: ivi è ’l mio cor, e quella che ’l m’invola; qui veder pòi l’imagine mia sola.
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