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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
Chiare, fresce, dolci acque,
ove le belle membra pose colei che sola a me par donna; gentil ramo, ove piacque [con sospir mi rimembra] a lei di fare al bel fianco colonna; erba e fior, che la gonna leggiadra ricoverse co l’angelico seno; aere sacro, sereno, ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse; date udienza insieme a le dolenti mie parole estreme. S’egli è pur mio destino [e ’l cielo in ciò s’adopra] ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda, qualche grazia il meschino corpo fra voi ricopra, e torni l’alma al proprio albergo ignuda. La morte fia men cruda se questa spene porto a quel dubbioso passo; ché lo spirito lasso non porìa mai più in riposato albergo né in più tranquilla fossa fuggir la carne travagliata e l’ossa. Tempo verrà ancor forse ch’a l’usato soggiorno torni la fera bella e mansueta, e là ’v’ella mi scòrse nel benedetto giorno, volga la vista disiosa e lieta, cercandomi; et, o pièta!, già terra in fra le pietre vedendo, Amor l’inspiri in guisa che sospiri sì dolcemente che mercé m’impetre, e faccia forza al cielo, asciugandosi gli occhi col bel velo. Da’ be’ rami scendea [dolce ne la memoria] una pioggia di fior sovra ’l suo grembo; et ella si sedea umile in tanta gloria, coverta già de l’amoroso nembo; qual fior cadea sul lembo, qual su le treccie bionde, ch’oro forbito e perle eran quel dì a vederle; qual si posava in terra, e qual su l’onde; qual con un vago errore girando parea dir "qui regna Amore." Quante volte diss’io allor pien di spavento: "costei per fermo nacque in paradiso!" Così carco d’oblio il divin portamento, e ’l vúlto, e le parole, e ’l dolce riso, m’aveano e sì diviso da l’imagine vera, ch’i’ dicea sospirando: "Qui come venn’io, o quando?" credendo esser in ciel, non là dov’era. Da indi in qua mi piace questa erba sì, ch’altrove non ho pace. Se tu avessi ornamenti, quant’hai voglia, poresti arditamente uscir del bosco, e gir in fra la gente.
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