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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
Una donna più bella assai che ’l sole,
e più lucente, e d’altrettanta etade, con famosa beltade, acerbo ancor, mi trasse a la sua schiera. Questa in penseri, in opre et in parole [però ch’è de le cose al mondo rade], questa per mille strade sempre inanzi mi fu leggiadra, altèra. Solo per lei tornai da quel ch’i’ era, poi ch’i’ soffersi gli occhi suoi da presso; per suo amor m’er’io messo a faticosa impresa assai per tempo; tal che s’i’ arrivo al disiato porto, spero per lei gran tempo viver, quand’altri mi terrà per morto. Questa mia donna mi menò molt’anni pien di vaghezza giovenile ardendo, sì come ora io comprendo, sol per aver di me più certa prova, mostrandomi pur l’ombra, o ’l velo, o’ panni talor di sé, ma ’l viso nascondendo; et io, lasso!, credendo vederne assai, tutta l’età mia nova passai contento, e ’l rimembrar mi giova, poi ch’alquanto di lei veggi’ or più inanzi. I’ dico che pur dianzi, qual io non l’avea vista in fin allora, mi si scoverse; onde mi nacque un ghiaccio nel core; et evvi ancòra e sarà sempre fin ch’i’ le sia in braccio. Ma non mel tolse la paura o ’l gielo, che pur tanta baldanza al mio cor diedi, ch’i’ le mi strinsi a’ piedi per più dolcezza trar de gli occhi suoi: et ella, che remosso avea già il velo dinanzi a’ miei, mi disse: [Amico, or vedi com’io son bella; e chiedi quanto par si convenga a gli anni tuoi.] "Madonna - dissi - già gran tempo in voi posi ’l mio amor, ch’i’ sento or sì infiammato; ond’a me in questo stato, altro volere o disvoler m’è tolto." con voce allor di sì mirabil tempre rispose, e con un vúlto, che temer e sperar mi farà sempre: "Rado fu al mondo, fra così gran turba, ch’udendo ragionar del mio valore, non si sentisse al core, per breve tempo almen, qualche favilla; ma l’adversaria mia, che ’l ben perturba, tosto la spegne; ond’ogni vertù more, e regna altro signore che promette una vita più tranquilla. De la tua mente Amor, che prima aprilla, mi dice cose veramente, ond’io veggio che ’l gran desio pur d’onorato fin ti farà degno; e come già se’ de’ miei rari amici, donna vedrai per segno, che farà gli occhi tuoi via più felici." I’ volea dir "quest’è impossibil cosa" quand’ella: "Or mira (e leva’ gli occhi un poco in più riposto loco) donna ch’a pochi si mostrò già mai." Ratto inchinai la fronte vergognosa, sentendo novo dentro maggior foco. Et ella il prese in gioco, dicendo: "I’ veggio ben dove tu stai. Sì come ’l sol con suoi possenti rai fa sùbito sparire ogni altra stella, così par or men bella la vista mia, cui maggior luce preme. Ma io però da’ miei non ti diparto; ché questa e me d’un seme, lei davanti e me poi, produsse un parto." Rùppesi in tanto di vergogna il nodo ch’a la mia lingua era distretto intorno su nel primiero scorno, allor quand’io del suo accorger m’accorsi; e ’ncominciai: "S’egli è ver quel ch’i’ odo, beato il padre, e benedetto il giorno c’ha di voi il mondo adorno, e tutto ’l tempo ch’a vedervi io corsi! E se mai da la via dritta mi torsi, duolmene forte, assai più ch’i’ non mostro. Ma se de l’esser vostro fossi degno udir più, del desir ardo." Pensosa mi rispose, e così fiso tenne il suo dolce sguardo, ch’al cor mandò co le parole il viso: "Sì come piacque al nostro eterno padre, ciascuna di noi due nacque immortale. Miseri! a voi che vale? Me’ v’era che da noi fosse il defetto. Amate, belle, gioveni e leggiadre fummo alcun tempo; et or siam giunte a tale che costei batte l’ale per tornar a l’antico suo recetto; i’ per me sono un’ombra. Et or t’ho detto, quanto per te sì breve intender puossi." Poi che i pie’ suoi fûr mossi, dicendo: "Non temer ch’i’ m’allontani" di verde lauro una ghirlanda colse, la qual co le sue mani intorno intorno a le mie tempie avolse. Canzon, chi tua ragion chiamasse obscura, di’: "Non ho cura, perché tosto spero ch’altro messaggio il vero farà più chiara voce manifesto. I’ venni sol per isvegliare altrui, se, chi m’impose questo, non m’ingannò, quand’io parti’ da lui."
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