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Info sull'Opera
Autore:
Francesco Petrarca
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

CV

di Francesco Petrarca

Mai non vo’ più cantar com’io soleva,
ch’altri no m’intendeva,ond’ebbi scorno,
e puossi in bel soggiorno esser molesto.
Il sempre sospirar nulla releva;
già su l’Alpi neva d’ogn’intorno;
et è già presso al giorno; ond’io son desto
Un atto dolce onesto è gentil cosa:
et in donna amorosa ancor m’aggrada,
che ’n vista vada altèra e disdegnosa,
non superba e ritrosa:
Amor regge suo imperio senza spada.
Chi smarrita ha la strada, torni in dietro;
chi non ha albergo, posisi in sul verde;
chi non ha l’auro, o ’l perde,
spenga la sete sua con un bel vetro.
I’ die’ in guardia a san Pietro; or non più, no.
Intendami chi po’, ch’i’ m’intend’io.
Grave soma è un mal fio a mantenerlo:
quando posso, mi spetro e sol mi sto.
Fetonte odo che ’n Po cadde e morio;
e già di là dal rio passato è ’l merlo;
deh, venite a vederlo. Or i’ non voglio:
non è gioco uno scoglio in mezzo a l’onde,
e ’ntra le fronde il visco. Assai mi doglio
quando un soverchio orgoglio
molte vertuti in bella donna asconde.
Alcun è che risponde a chi no ’l chiama;
altri, chi ’l prega, si delegua e fugge;
altri al ghiaccio si strugge;
altri dì e notte la sua morte brama.
Proverbio "ama chi t’ama" è fatto antico.
I’ so ben quel ch’io dico. Or lass’andare;
ché conven ch’altri impare a le sue spese.
Un’umil donna grama un dolce amico.
Mal si conosce il fico, a me pur pare
senno a non cominciare tropp’alte imprese;
e per ogni paese è bona stanza.
L’infinita speranza occide altrui;
et anch’io fui alcuna volta in danza.
Quel poco che m’avanza,
fia chi no ’l schifi, s’i’ ’l vo’ dare a lui.
I’ mi fido in colui che ’l mondo regge
e che ’ seguaci suoi nel bosco alberga,
che con pietosa verga
mi meni a passo omai tra le sue gregge.
Forse ch’ogni uom che legge non s’intende;
e la rete tal tende che non piglia;
a chi troppo assotiglia si scavezza.
Non sia zoppa la legge ov’altri attende.
Per bene star si scende molte miglia.
Tal par gran meraviglia, e poi si sprezza.
Una chiusa bellezza è più soave.
Benedetta la chiave che s’avvolse
al cor, e sciolse l’alma, e scossa l’have
di catena sì grave,
e ’nfiniti sospir del mio sen tolse!
Là dove più mi dolse, altri si dole;
e dolendo addolcisce il mio dolore;
ond’io ringrazio Amore
che più no ’l sento; et è non men che suole.
In silenzio parole accorte e sagge,
e ’l suon che mi sottragge ogni altra cura,
e la pregione oscura ov’è ’l bel lume;
le notturne viole per le piagge,
e le fece selvagge entr’a le mura,
e la dolce paura, e ’l bel costume,
e di duo fonti un fiume in pace vòlto
dov’io bramo, e raccolto ove che sia,
amor e gelosia m’hanno il cor tolto,
e i segni del bel vólto,
che mi conducon per più piana via
e la speranza mia,al fin de gli affanni.
O riposto mio bene, e quel che segue,
or pace, or guerra or triegue,
mai non m’abbandonate in questi panni.
De’ passati miei danni piango e rido,
perché molto mi fido in quel ch’i’ odo;
del presente mi godo,e meglio aspetto,
e vo contando gli anni e taccio e grido;
e ’n bel ramo m’annido,et in tal modo,
ch’i’ ne ringrazio, e lodo,il gran disdetto,
che l’indurato affetto al fine ha vinto,
e ne l’alma depinto:"I’ sare’ udito,
e mostratone a dito":et hanne estinto
(tanto inanzi son pinto,
ch’i’ ’l pur dirò): "non fostù tant’ardito".
Chi m’ha il fianco ferito e chi ’l risalda,
per cui nel cor via più che ’n carta scrivo;
chi mi fa morto e vivo,
chi ’n un punto m’agghiaccia e mi riscalda.

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