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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
Mai non vo’ più cantar com’io soleva,
ch’altri no m’intendeva,ond’ebbi scorno, e puossi in bel soggiorno esser molesto. Il sempre sospirar nulla releva; già su l’Alpi neva d’ogn’intorno; et è già presso al giorno; ond’io son desto Un atto dolce onesto è gentil cosa: et in donna amorosa ancor m’aggrada, che ’n vista vada altèra e disdegnosa, non superba e ritrosa: Amor regge suo imperio senza spada. Chi smarrita ha la strada, torni in dietro; chi non ha albergo, posisi in sul verde; chi non ha l’auro, o ’l perde, spenga la sete sua con un bel vetro. I’ die’ in guardia a san Pietro; or non più, no. Intendami chi po’, ch’i’ m’intend’io. Grave soma è un mal fio a mantenerlo: quando posso, mi spetro e sol mi sto. Fetonte odo che ’n Po cadde e morio; e già di là dal rio passato è ’l merlo; deh, venite a vederlo. Or i’ non voglio: non è gioco uno scoglio in mezzo a l’onde, e ’ntra le fronde il visco. Assai mi doglio quando un soverchio orgoglio molte vertuti in bella donna asconde. Alcun è che risponde a chi no ’l chiama; altri, chi ’l prega, si delegua e fugge; altri al ghiaccio si strugge; altri dì e notte la sua morte brama. Proverbio "ama chi t’ama" è fatto antico. I’ so ben quel ch’io dico. Or lass’andare; ché conven ch’altri impare a le sue spese. Un’umil donna grama un dolce amico. Mal si conosce il fico, a me pur pare senno a non cominciare tropp’alte imprese; e per ogni paese è bona stanza. L’infinita speranza occide altrui; et anch’io fui alcuna volta in danza. Quel poco che m’avanza, fia chi no ’l schifi, s’i’ ’l vo’ dare a lui. I’ mi fido in colui che ’l mondo regge e che ’ seguaci suoi nel bosco alberga, che con pietosa verga mi meni a passo omai tra le sue gregge. Forse ch’ogni uom che legge non s’intende; e la rete tal tende che non piglia; a chi troppo assotiglia si scavezza. Non sia zoppa la legge ov’altri attende. Per bene star si scende molte miglia. Tal par gran meraviglia, e poi si sprezza. Una chiusa bellezza è più soave. Benedetta la chiave che s’avvolse al cor, e sciolse l’alma, e scossa l’have di catena sì grave, e ’nfiniti sospir del mio sen tolse! Là dove più mi dolse, altri si dole; e dolendo addolcisce il mio dolore; ond’io ringrazio Amore che più no ’l sento; et è non men che suole. In silenzio parole accorte e sagge, e ’l suon che mi sottragge ogni altra cura, e la pregione oscura ov’è ’l bel lume; le notturne viole per le piagge, e le fece selvagge entr’a le mura, e la dolce paura, e ’l bel costume, e di duo fonti un fiume in pace vòlto dov’io bramo, e raccolto ove che sia, amor e gelosia m’hanno il cor tolto, e i segni del bel vólto, che mi conducon per più piana via e la speranza mia,al fin de gli affanni. O riposto mio bene, e quel che segue, or pace, or guerra or triegue, mai non m’abbandonate in questi panni. De’ passati miei danni piango e rido, perché molto mi fido in quel ch’i’ odo; del presente mi godo,e meglio aspetto, e vo contando gli anni e taccio e grido; e ’n bel ramo m’annido,et in tal modo, ch’i’ ne ringrazio, e lodo,il gran disdetto, che l’indurato affetto al fine ha vinto, e ne l’alma depinto:"I’ sare’ udito, e mostratone a dito":et hanne estinto (tanto inanzi son pinto, ch’i’ ’l pur dirò): "non fostù tant’ardito". Chi m’ha il fianco ferito e chi ’l risalda, per cui nel cor via più che ’n carta scrivo; chi mi fa morto e vivo, chi ’n un punto m’agghiaccia e mi riscalda.
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