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Info sull'Opera
Autore:
Francesco Petrarca
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

LXX

di Francesco Petrarca

Lasso me!, ch’i’ non so in qual parte pieghi
la speme, ch’è tradita omai più volte,
che se non è chi per pietà m’ascolte,
perché sparger al ciel sì spessi preghi?
Ma s’egli avèn ch’ancor non mi si neghi
finir, anzi ’l mio fine,
queste voci meschine,
non gravi al mio signor perch’io il ripreghi
di dir libero un dì tra l’erba e i fiori:
"Drez et rayson es qu’ieu ciant e ’m demori".
Ragion è ben ch’alcuna volta io canti,
però c’ho sospirato sì gran tempo
che mai non incomincio assai per tempo
per adequar col riso i dolor tanti.
E s’io potesse far ch’a gli occhi santi
porgesse alcun diletto,
qualche dolce mio detto
o me beato sopra gli altri amanti!
Ma più, quand’io dirò senza mentire:
"Donna mi priega, per ch’io voglio dire".
Vaghi pensier, che così passo passo
scorto m’avete a ragionar tant’alto,
vedete che madonna ha ’l cor di smalto sì forte,
ch’io per per me dentro no ’l passo.
Ella non degna di mirar sì basso
che di nostre parole
curi; ché ’l ciel non vòle,
al qual pur contrastando i’ son già lasso;
onde, come nel cor m’induro e ’naspro,
"così nel mio parlar voglio esser aspro".
Che parlo? o dove sono? e chi m’inganna,
altri ch’io stesso e ’l desiar soverchio?
Già, s’i’ trascorro il ciel di cerchio in cerchio,
nessun pianeta a pianger mi condanna.
Se mortal velo il mio veder appanna,
che colpa è de le stelle,
o de le cose belle?
Meco si sta chi dì e notte m’affanna,
poi che del suo piacer mi fe’ gir grave
"la dolce vista e ’l bel guardo soave".
Tutte le cose, di che ’l mondo è adorno,
uscîr buone de man del mastro eterno;
ma me, che così a dentro non discerno,
abbaglia il bel che mi si mostra intorno;
e s’al vero splendor già mai ritorno,
l’occhio non po’ star fermo;
così l’ha fatto infermo
pur la sua propria colpa, e non quel giorno
ch’i’ volsi in vèr’l’angelica beltade
"nel dolce tempo de la prima etade".
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