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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
Ne la stagion che ’l ciel rapido inchina
verso occidente, e che ’l dì nostro vola a gente che di là forse l’aspetta, veggendosi in lontan paese sola la stanca vecchiarella pellegrina raddoppia i passi, e più e più s’affretta; e poi così soletta, al fin di sua giornata talora è consolata d’alcun breve riposo, ov’ella oblìa la noia e ’l mal de la passata via. Ma, lasso!, ogni dolor che ’l dì m’adduce, cresce, qualor s’invia per partirsi da noi l’eterna luce. Come ’l sol volge le ’nfiammate rote per dar luogo a la notte, onde discende da gli altissimi monti maggior l’ombra, l’avaro zappador l’arme riprende, e con parole e con alpestri note ogni gravezza del suo petto sgombra; e poi la mensa ingombra di povere vivande, simili a quelle ghiande le qua’ fuggendo tutto ’l mondo onora. Ma chi vuol si rallegri ad ora ad ora; ch’i’ pur non ebbi ancor, non dirò lieta, ma riposata un’ora, né per volger di ciel né di pianeta. Quando vede ’l pastor calare i raggi del gran pianeta al nido ov’egli alberga, e ’nbrunir le contrade d’oriente, drizzarsi in piedi, e co l’usata verga, lassando l’erba e le fontane e i faggi, move la schiera sua soavemente; poi lontan da la gente o casetta o spelunca di verdi frondi ingiunca; ivi senza pensier s’adagia e dorme. Ahi, crudo Amor, ma tu allor più m’informe a seguir d’una fera che mi strugge la voce e i passi e l’orme, e lei non stringi che s’appiatta e fugge. E i naviganti in qualche chiusa valle gettan le membra, poi che ’l sol s’asconde, sul duro legno e sotto l’aspre gonne. Ma io, perché s’attuffi in mezzo l’onde, e lasci Ispagna dietro a le sue spalle e Granata e Marrocco e le Colonne, e gli uomini e le donne e ’l mondo e gli animali acquetino i lor mali, fine non pongo al mio obstinato affanno; e duolmi ch’ogni giorno arroge al danno: ch’i’ son già pur crescendo in questa voglia ben presso al decim’anno, né poss’indovinar chi me ne scioglia. E perché un poco nel parlar mi sfogo, veggio la sera i buoi tornare sciolti dalle campagne e da’ solcati colli. I miei sospiri a me perché non tolti quando che sia? perché no ’l grave giogo? perché dì e notte gli occhi miei son molli? Misero me, che volli, quando primier sì fiso gli tenni nel bel viso, per iscoprirlo, imaginando, in parte onde mai né per forza né per arte mosso sarà, fin ch’i’ sia dato in preda a chi tutto diparte! Né so ben anco che di lei mi creda. Canzon, se l’esser meco dal mattino a la sera t’ha fatto di mia schiera, tu non vorrai mostrarti in ciascun loco; e d’altrui loda curerai sì poco, ch’assai ti fia pensar di poggio in poggio come m’ha concio ’l foco di questa viva petra, ov’io m’appoggio.
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