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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
Cercando col cupido sguardo,
Tra il vel della nebbia terrena Quel Sol che in sua limpida piena V'avvolge or beati lassù; Il secol vi sdegna, e superbo Domanda qual merto agli altari V'addusse; che giovin gli avari Tesor di solinghe virtù. A Lui che nell'erba del campo La spiga vitale nascose, Il fil di tue vesti compose, De' farmachi il succo temprò, Che il pino inflessibile agli austri, Che docile il salcio alla mano, Che il larice ai verni, e l'ontano Durevole all'acque creò; A Quello domanda, o sdegnoso, Perché sull'inospite piagge, Al tremito d'aure selvagge, Fa sorgere il tacito fior, Che spiega davanti a Lui solo La pompa del pinto suo velo, Che spande ai deserti del cielo Gli olezzi del calice, e muor. E voi che gran tempo per ciechi Sentier di lusinghe funeste, Correndo all'abisso, cadeste In grembo a un'immensa pietà; E, come l'umor, che nel limo Errava sotterra smarrito, Da subita vena rapito Che al giorno la strada gli fa, Si lancia e, seguendo l'amiche Angustie, con ratto gorgoglio, Si vede d'in cima allo scoglio In lucido sgorgo apparir, Sorgeste già puri, e la vetta, Sorgendo, toccaste, dolenti E forti, a magnanimi intenti Nutrendo nel pianto l'ardir, Un timido ossequio non veli Le piaghe che il fallo v'impresse: Un segno divino sovr'esse La man, che le chiuse, lasciò. Tu sola a Lui festi ritorno Ornata del primo suo dono; Te sola più su del perdono L'Amor che può tutto locò; Te sola dall'angue nemico Non tocca né prima né poi; Dall'angue, che, appena su noi L'indegna vittoria compiè, Traendo l'oblique rivolte, Rigonfio e tremante, tra l'erba, Sentì sulla testa superba Il peso del puro tuo piè.
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