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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
La scelta giusta
Si condannano da soli coloro che non vogliono fare esperienza della bontà del Signore e preferiscono le tenebre alla luce, perché fanno il male e non obbediscono ai comandamenti del Signore. A costoro si riferisce la Scrittura quando dice: maledetto chi si allontana dai tuoi comandamenti. Ma fortunati e felici coloro che amano il Signore e realizzando la legge del Vangelo: Ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l'anima e il prossimo tuo come te stesso (MT. 22, 37). Amiamo, dunque, Dio e adoriamolo con purezza di cuore, perché questo è ciò che sopratutto vuole da noi quando dice: Chi adora Dio deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità (Gv. 4, 23). Tutta la nostra vita sia una preghiera e un canto di lode a Dio. Non stanchiamoci di invocare il Padre che è in cielo, poiché bisogna pregare sempre senza stancarsi mai. Dobbiamo poi confessare al sacerdote tutti i nostri peccati e ricevere da lui il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, perché chi non mangia il suo corpo e non beve il suo sangue non può entrare nel regno di Dio. Tuttavia lo si deve mangiare e bere con le necessarie disposizioni, perché chi ne mangia indegnamente, mangia e beve la propria condanna, non riconoscendo il corpo del Signore, cioè non distinguendolo dagli altri cibi (1 Cor. 11, 29). Dobbiamo, inoltre, dimostrare con i fatti che abbiamo cambiato vita. E la prova della tua conversione è che ami il tuo prossimo come te stesso. Se non sei capace di amarlo fino a questo punto, incomincia almeno a non fargli del male e poi ti proverai a fargli del bene. Quelli che hanno ricevuto il potere di giudicare altri esercitino la giustizia con misericordia, perché Dio sarà senza misericordia quando giudicherà chi non ha avuto misericordia degli altri ( Gc 12, 13). Tutti pratichiamo l'amore, l'umiltà e siamo generosi nell'aiutare i poveri, perché l'elemosina purifica l'anima dal peccato. È nostro dovere osservare le disposizioni della Chiesa circa il digiuno ed evitare sempre gli eccessi nel mangiare e nel bere; ma il nostro vero digiuno consiste nell'astenerci dai peccati e dalle cattive abitudini. Aderiamo in tutto alla fede cattolica; frequentiamo assiduamente le chiese e dimostriamo rispetto per i sacerdoti, non tanto per loro stessi, che possono anche essere peccatori, ma per l'ufficio sacro che essi esercitano. Esso soli, infatti consacrano sull'altare il santissimo corpo e sangue del Signore, lo ricevono e lo amministrano agli altri. Di una cosa dobbiamo essere assolutamente certi: che non ci possiamo salvare se non per mezzo di Cristo, accogliendole sue parole, che i sacerdoti, e non altri, proclamano e diffondono. Coloro poi che hanno rinunciato ad occuparsi delle cose del mondo, senza trascurare i doveri comuni a tutti i cristiani, hanno assunto l'impegno di aspirare a cose più alte. Noi dobbiamo combattere contro il nostro io, i nostri vizi e i nostri peccati, perché, come dice il Signore: è dal cuore dell'uomo che vengono tutti i pensieri malvagi che portano al male. Ci siamo impegnati ad osservare non solo i precetti, ma anche i consigli del Signore. La carità perfetta alla quale aspiriamo deve estendersi anche, a particolarmente, ai nostri nemici, a quelli che ci odiano. Dobbiamo mantenere fede all'impegno della santa obbedienza, in tutto ciò che non è peccato. Ma colui al quale è affidato il compito di comandare ed è ritenuto come superiore, si reputi il più piccolo e chi comanda diventi il servo di tutti i fratelli. Si comporti con bontà verso di loro, come vorrebbe si facesse con lui se si trovasse al loro posto. Non si lasci vincere dall'ira contro il fratello che ha commesso qualche errore, ma con pazienza e umiltà lo aiuti a correggersi. Evitiamo di cercare continuamente nella semplicità, nell'umiltà e nella purezza della vita. Non è proprio il caso di avere troppi riguardi per la nostra personalità, poiché il peccato ha corrotto l'uomo e lo ha reso misero e ripugnante, tantoché il salmista non esita a paragonare se stesso ad un verme, quando dice: Sono un verme, non un uomo, infamia degli uomini e rifiuto del mio popolo (Sal. 21, 7). Mai dobbiamo desiderare di contare più degli altri, ma piuttosto di essere gli ultimi e al servizio di tutti gli uomini per amore di Dio.
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