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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
I
La vergine dorme. Ma lenta la fiamma dal puro alabastro le immemori palpebre tenta; bussa alla chiusa anima. Il lume vacilla nell'ombra, come astro di vita tra un velo di brume. Echeggia nell'anima, invasa dal sonno, quel battere, e pare destare la tacita casa. La casa si desta: un sorriso s'accende, si muove ed appare via via qua e là per il viso . . . La vergine sogna; ed un rivo di sangue stupisce le intatte sue vene, d'un sangue più vivo, più' tiepido: come di latte. . . II Stupisce le placide vene quel flutto soave e straniero quel rivolo, labile, lene, d'ignota sorgente, che sembra che inondi di blando mistero le pie sigillate sue membra. Le gracili membra non sanno lo schianto, non sanno l'amplesso: nel cuore, sì forse un affanno c'è, l'ombra di un palpito, l'orma d'un grido: il respiro sommesso d'un vago ricordo che dorma; che dorma nel cuore ed esali nel cuore il suo sonno romito. La vergine sogna: ecco, un alito piccolo, accanto . . . un vagito . . . III Un figlio! che posa nel letto suo vergine! e cerca assetato le fonti del vergine petto! O figlio d'un intimo riso dell'anima! o fiore non nato da seme, e sbocciato improvviso! Tu fiore non retto da stelo tu luce non nata da fuoco, tu simile a stella del cielo; dal cielo dell'anima, ov'ora sbocciasti improvviso, tra poco tu dileguerai nell'aurora. In tanto tu vivi per una breve ora; in un'anima, in tanto, di vergine: in quella tua cuna tu piangi il tuo tacito pianto. IV Si dondola dondola dondola senza rumore la cuna nel mezzo al silenzio profondo; così, come tacito al vento nel tacito lume di luna, si dondola un cirro d'argento. Oh! dormi col tremolìo muto dell'esile cuna che avesti! non piangerlo tutto, il minuto che avesti, dell'esile vita! nel cuore di mamma non resti quell'eco di pianto, infinita! Sorridile, guardala; appressati a mamma, ch'ormai non ha più, per vivere un poco ancor essa, che il poco di fiato ch'hai tu! V Il lume inquieto ora salta guizzando, ora crepita e scende: s'è spento. Quiete più alta. Nell'ombra già rara, già scialba traverso le immobili tende si sfuma la nebbia dell'alba. Il fiore improvviso, non sorto da seme, non retto da stelo. . . svanito! Non nato, non morto: svanito nell'alito chiaro dell'alba! svanito dal cielo notturno del sogno!—Cantarono i galli, rabbrividì l'aria, s'empì di scalpicci la via; da lungi squillò solitaria la voce dell'Avemaria—
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