|
Opere pubblicate: 19994
|
Info sull'Opera
Una stella sbocciò nell'aria.
Le risplendè nelle pupille. Su la campagna solitaria tremava il pianto delle squille. —È ora, o figlio, ora ch'io vada. Sono stata con te lunghe ore. Tra questi bussi è la mia strada; la tua, tra quelle acacie in fiore. Sii buono e forte, o figlio mio: va dove t'aspettano. Addio! . . . Venir con te? Ma non è dato! Sai pure: m'han cacciata via. Ci fu chi non mi volle allato nel mondo, così larga via; chi non permise che, sai pure, stessi con le mie creature. . . . Tu venir qui ? Viene chi muore . . . E tu vuoi dunque venir qui. Sei stanco: è vero ? Hai male al cuore. Quel male l'ebbi anch'io, Zvanî! È un male che non fa dormire; ma che alfine poi fa morire— Si chiudevano i casolari. Cresceva l'ombra delle cose. Ancor tra i lontani filari traspariva color di rose. —Ma dimmi, o madre, dimmi almeno, se nel tramonto del suo giorno tuo figlio si deve sereno preparare per un ritorno! se ciò che qualcuno ci prende, v'è qualch'altro che ce lo rende! Ricorderò quella preghiera con quei gesti e segni soavi: tuo figlio risarà qual era allora che glieli insegnavi: s'abbraccerà tutto all'altare: ma fa che ritorni a sperare! A sperare e ora e nell'ora così bella se a te conduce! O madre, fa ch'io creda ancora in ciò ch'è amore, in ciò ch'è luce! O madre, a me non dire, Addio, se di là è, se teco è Dio!— Sfioriva il crepuscolo stanco. Cadeva dal cielo rugiada. Non c'era avanti me, che il bianco della silenziosa strada.
|